Regia di George A. Romero vedi scheda film
Lo sappiamo tutti che George A. Romero è il padre degli zombie. Grazie a lui siamo venuti a conoscenza degli zombi, esseri capaci di tornare in vita dopo la morte e, oggi che il nostro “rapporto” con il genere è piuttosto “amichevole”, riguardare (o guardare per la prima volta, come nel mio caso) il film che ne la genesi, genera in molti reazioni eccessivamente ilari, per quanto la modalità di messa in scena possa definirsi alquanto divertente.
A far sorridere non è solo il trucco, leggero e per niente spaventoso, che utilizzano gli attori, quanto le movenze, impacciate e rigide, che sfiorano il ridicolo. Se però oltrepassiamo l’abitudine all’effetto speciale e al trucco avanzato a cui oggi siamo abituati, e contestualizziamo la pellicola, ricordandoci che è stata girata cinquant’anni fa, allora forse riusciamo a venire a capo a quel clamore, e all’alta considerazione che lo circonda.
Prendendo atto che, al servizio del regista, altro non c’era se non la sua fantasia e la macchina da presa, è strabiliante captare la suspense che Romero riesce a creare solo con l’utilizzo di alcune inquadrature. La capacità di creare una sceneggiatura che ha un filo logico e un finale non scontato ma anzi piuttosto angosciante, non è poi cosa scontata, non quanto il coraggio di utilizzare attori sconosciuti (o quasi) per interpretare i ruoli dei protagonisti; con l’intenzione proprio di catalizzare l’attenzione sul racconto, ben argomentato, e sui dettagli enfatizzati in alcune scene.
La storia della pellicola e la sua importanza è nota ai più, sarà per questo che ho provato un moto di fastidio piuttosto ingente ogni qual volta qualcuno il sala (che poi credo fosse sempre lo stesso), si permetteva il fastidioso e scostumato lusso di ridere senza ritegno, non solo in circostanze (che ho già descritto sopra), dove diciamo che poteva quasi essere giustificato, ma anche in certe drammatiche situazioni dove da ridere non c’era un bel niente. Ma il rispetto per ciò che si guarda ormai denoto con immenso dispiacere che è cosa assai rara, tanto quanto la capacità di percepire ciò che stiamo vedendo.
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