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American Skin

Regia di Nate Parker vedi scheda film

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La recensione su American Skin

di alan smithee
4 stelle

FESTIVAL DI VENEZIA 76 - SCONFINI - FILMING ITALY AWARD come MIGLIOR FILM  

 

Un cruento episodio di cronaca simile a tanti altri che hanno contraddistinto il tormentato e lungo cammino verso una pari dignità di trattamento ed opportunità tra razze, ancor oggi colmo di insidie e contraddistinto - negli Usa statisticamente forse più che altrove - da atteggiamenti di preordinato pregiudizio nei confronti della comunità nera, qui aggravato dal mancato riconoscimento dell'atteggiamento colpevole da parte di un tutore della legge colpevole di aver ucciso a sangue freddo un minore innocente e disarmato, fa letteralmente esplodere la situazione, già di suo incandescente.
Quando tre liceali, intenzionati a portare a termine la loro tesi di studio tramite un video in forma di documentario, contattano il padre separato di un ragazzo rimasto vittima di un colpo d'arma di fuoco esploso da un agente durante un controllo di routine all'auto in cui il ragazzo viaggiava col padre, e propongono all'uomo di rendersi protagonista di un video con cui egli si sarebbe dovuto raccontare attraverso la telecamera, esprimendo tutto il proprio dolore per una morte così gratuita ed assurda, occorsa ai danni di un ragazzino disarmato ed inoffensivo, l'uomo ne approfitta per portare a termine la sua missione dimostrativa.

Infatti quando, proprio in quei concitati giorni, la Corte di Giustizia annulla il ricorso in appello dei due genitori del ragazzo contro la decisione di non incriminare l'agente che li ha privati barbaramente del figlio, ecco che nell'uomo scatta la scintilla in grado di far svoltare la situazione in una nuova, forse ancor più grave e compromettente tragedia.
L'uomo, che costringe i tre studenti a riprenderlo in questo suo avventato, pericoloso proposito, fa irruzione nella stazione di polizia che ospita l'agente che gli ha ammazzato il figlio, e prende in ostaggio tutti gli occupanti, poliziotti e civili, costringendoli ad inscenare assieme a lui un nuovo, a suo avviso più corretto processo ai danni dell'agente, in cui l'accusa prende forma dei detenuti in quel momento presenti presso il commissariato, mentre ai colleghi del poliziotto viene d'ufficio assegnata la difesa del poliziotto assassino non riconosciuto.
Nate Parker ha il fuoco al posto del sangue; ci mette anima e corpo a dare vita ai suoi progetti artistici imperniati su un rigoroso impegno civile di fatto anche lodevole.

Tuttavia il cineasta, nel mantenere focalizzata la sua attenzione di regista ed attore impegnato e militante sul sacrosanto aspetto inerente l'orgoglio del popolo nero, perde un'altra volta - dopo il ridondante ed eccessivamente enfatico Nascita di una nazione (visto alla festa del Cinema di Roma - edizione 2016) - il controllo dell'operazione, finendo per dar vita ad una eccessivamente strumentalizzata "storia di ordinaria follia" che anima le azioni di un uomo devastato negli affetti e pugnalato, pir metaforicamente ma con non meno dolore, da quella giustizia che il codice vorrebbe uguale per tutti, qualora non intervenga il pregiudizio di colore bianco a renderne invalidante il prezioso particolare.
Se poi, come accade, a produrre il film abbiamo l'altrettanto militante ed incalzante Spike Lee, gran uomo di cinema, indubbiamente, ma anche individuo che, più passa il tempo, più si presta a farsi promotore provocatorio di situazioni spregiudicate e sin eccessivamente costruite ad effetto per portare avanti un suo pur condivisibile discorso di denuncia contro prevaricazioni e disparità di trattamento inaccettabili, ecco che gli ingredienti per far esplodere il clima (ed il film) oltre ogni possibile sopportazione, intervengono tutti, e la pellicola si ritrova ostaggio di tutta una sua strumentalizzazione fine a se stessa e costruita ad arte, in grado di far procedere la storia entro un binario forzoso e sin inevitabilmente fazioso. Ove ogni stratagemma vien centellinato ad arte per creare un pathos artificiale ed artificioso, utilizzato come tesi unilaterale ove tutto il bene viene a trovarsi da una parte, e tutto il male dall'altra.
Una presa di posizione che mira a scuotere e a scaldare per racvogliere indignazione e consensi, ove la rassegnazione spiana la strada alla rabbia, che porta la tematica su percorsi nuovamente troppo estremisti ed ostentati, a mezzo di una storia che diventa un teorema degli eccessi, che conserva radici ed esperienze cronachistiche tristemente vere e documentate, qui poste al servizio di una causa sacrosanta, portata avanti tuttavia con un impeto e un enfasi di racconto eccessivi e deviati.
Insomma, con questi due elementi messi assieme (Parker +Lee), si continua ogni volta a gettare benzina sul fuoco, alimentando prese di posizione epidermiche, provocando reazioni umorali e pico meditate che scoraggiano ogni dialogo per incoraggiare l'azione, quasi sempre spropositata e dagli effetti devastanti. Proprio come accade nel film. 
   

 

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