Regia di Peter Hyams vedi scheda film
Cosa accade se l'elefantiasi burocratica, il cavillo legislativo, l'inezia giudiziaria hanno il potere di evitare ai colpevoli la loro giusta condanna? Succede che un tribunale-ombra di Los Angeles, apparecchiato da giudici disillusi rispetto al sistema del quale fanno parte, emetta sentenze di morte per chi è riuscito a sfuggire dalle larghe maglie del codice penale. Al sinedrio del magistrati l'ultimo arrivato è Steven Hardin (Michael Douglas), penalista integerrimo costretto a liberare due farabutti accusati di pedofilia. Anche per loro arriverà, puntuale, la sentenza di morte emessa dal tribunale clandestino, salvo però che stavolta i due sono innocenti. È allora che Hardin decide di denunciare i suoi colleghi onde ripristinare l'antico e malato sistema. Cinema di destra? La giustizia, comunque la si guardi, è un'utopia? L'elegante dramma giudiziario scritto da Roderick Taylor (alla sceneggiatura ha collaborato il regista) in sottofinale lascia intendere che le soluzioni autarchiche sono sempre le più efficaci e che un delinquente, anche se lo risparmi per un reato che non ha commesso, rimane un delinquente e in quanto tale va giustiziato. Salvo poi, nell'ultima inquadratura del film, volere correre ai ripari e occhieggiare ad un sistema penale malato ma più umano. Levate le ambiguità e la recitazione bovina di Michael Douglas, il film di Hyams rimane un passaggio obbligato per chi volesse riflettere sull'intricato dedalo del sistema penale.
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