Regia di Theo Anghelopoulos vedi scheda film
Il film si apre con un flashback dell'infanzia e con una citazione dal sapore eracliteo, "il Tempo è un bambino che gioca ai quattro sassi sulla spiaggia", e subito ci cala nell'atmosfera nostalgica ed esistenziale che per due orette buone ci accompagnerà. Alexandros è infatti un uomo che si ritrova di fronte alla propria morte imminente, gli rimane un giorno prima di andare in ospedale, e questo giorno comincia nella consueta inautenticità della sua vita di scrittore sempre in giro, sempre indeciso, infantile, incapace di trovare una casa e di stare felicemente con la propria famiglia. Vive nel rimorso di aver fatto la cosa sbagliata, soprattutto nei confronti della moglie morta di recente che non è mai riuscito ad amare veramente, di darle "un giorno solo" come lei chiedeva.
Essenziale è l'incontro con un bambino immigrato, un bambino vestito di giallo (contemporaneamente un rimando alla citazione di inizio film e agli omini gialli che in Angelopoulos compaiono come simboli del destino), che lo trascina in un viaggio fino al confine con l'Albania (l'immagine che ho messo in alto viene da lì). Questa immagine, insieme ad un matrimonio, mostrano la condizione di "straniero nel mondo" di Alexandros, la sua incapacità di appartenere, di legarsi, di scegliere che emerge dal dialogo pessimista di fronte alla madre morente ("perchè mamma siamo condannati a marcire? [...] Perchè non sapevamo come amare). Anche il suo essere scrittore e artista è uno stallo, per essere creativo ha bisogno di "nuove parole", come il poeta Solomos esule non riesce a completare la poesia, non conosce la sua lingua, è costretto a comprare le parole.
Ma ovviamente essendo un film che piace a me deve esserci la svolta, e questa arriva puntuale nel finale quando il bambino sta per partire e Alexandros si rende finalmente conto del valore del tempo ("io ho solo questa notte!") così salgono su un autobus, metafora della vita, accompagnato da tre ciclisti in impermeabile giallo (come le tre moire) dove lui ripercorre tutte le tappe della sua vita. Quando sull'autobus sale Foscolo, prima dell'ultima fermata (che è anche la prima, in eterno ritorno), e recita la poesia incompiuta, Alexandros gli pone la domanda fondamentale: "quanto dura domani?"
Sarà solo la moglie, in un flashback redentivo finale a rivelargli la risposta: "L'eternità e un giorno". Il tempo da chrònos, lineare e consequenziale (passato-presente-futuro), l'orologio, diventa aiòn, eterno ritorno, tempo puro dell'esistenza. "Tutto è verità, tutto è attesa... della verità", le parole che aveva "acquistato" vengono urlate nel mare, gettate, liberate del sasso del loro significato, pienamente poetiche. La voce della madre lo richiama per l'ultima volta "Alexander"...
www.cinesimposio.tk
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta