Regia di Giuseppe Tornatore vedi scheda film
Molto sotto le aspettative. Forse il peggiore dei film di Tornatore.
Storia della vita del pianista Novecento (Roth), nato su una nave passeggeri che trasporta migranti in America, e ivi vissuto per il resto dei suoi giorni, senza mai mettere piede sulla terraferma. Novecento è un musicista estroso, autodidatta, dotato della facoltà prodigiosa di improvvisare melodie adatte a ogni momento e a ogni persona. Le sue vicende ci vengono dipanate attraverso flashback dal suo migliore amico, il suonatore di tromba Max Tooney (Vince), che nel presente lo sta cercando in ogni landa. Il film non è privo di una potenza visiva abbacinante: il mare, con le sue tempeste, la sua immensità, la sublime melodia scandita dal pianoforte del protagonista, ci culla dolcemente per tutto il tempo partorendo un'illusione di capolavoro che però non è affatto tale. E spiace dirlo.
Il protagonista non è realistico, e nemmeno la storia lo è, non nascondiamoci dietro a un dito. E' un Forrest Gump senza possedere un briciolo della poesia di Forrest Gump: come il personaggio del film di Zemeckis trascorre i suoi giorni senza una meta precisa, lasciandosi trascinare dal caso, senza andare incontro agli eventi ma aspettando che loro vengano incontro a lui. E qui veniamo alla prima falla: una nave è troppo piccola, risulterà prosaico dirlo, per comprendere la vastità del fluire di un'intera vita. Il ventaglio delle situazioni è limitato: Novecento non ama, non combatte guerre, non conosce persone al di fuori del ristretto microcosmo della nave, non soffre, non piange, non anela a qualcosa: lui suona. Una non vita che ci viene invece narrata come un'esistenza incredibile, fuori dall'ordinario, degna di essere raccontata. Di Novecento non viene indagato niente, non c'è introspezione psicologica, non ci può essere, perché agisce in un campo d'azione troppo limitato. Il materiale a disposizione è troppo misero affinché la costruzione del film si dipani intorno a una trama complessa e non patinata come quella di Tornatore. Il film si nutre di frasi a effetto che lasciano poco superato lo stupore iniziale, si pasce di chili di retorica che trovano il loro acme nel personaggio di Max, quanto mai irritante e fastidioso. Un film retorico in tal misura non può che avere come naturale estuario un finale altrettanto retorico ed irreale, imponente solo all'apparenza: l'uomo che ha vissuto la sua intera vita su una nave, che sceglie di morire assieme ad essa. Perché il suo cedevolissimo amico non prova a convincerlo? Perché non chiama nessuno, perché non informa nessuno che è riuscito a scovare Novecento? Domande che cozzano con la speciosa poesia del film, nondimeno sacrosante. Film bello da guardare, ma che lascia pochissimo in eredità allo spettatore: è come un frutto bellissimo da guardare, di quelli che hanno colori vivi, accecanti, e poi, sono senza sapore.
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