Regia di Giuseppe Tornatore vedi scheda film
Giuseppe Tornatore ha subito, negli anni, una serie di periodi che hanno oscillato tra il livello alto, raggiunto negli anni ’80, a quelli bassi degli anni ’90 fino ai medi livelli del nuovo secolo. Questa pellicola, che si colloca alla fine degli anni novanta, rientra a pieno nel periodo oscuro del regista, in cui i suoi film, sembrano non possedere il minimo appeal, incapaci di catturare lo spettatore, quasi stufo di perseguire la trama che non fa altro che impiegare il tempo senza minimamente intrattenere. In questa specifica pellicola, tutto è lento, troppo silenzioso, quasi vuoto, vacante di emozioni, non fosse per il monologo finale e qualche altro accenno qui e là, potrebbe essere confuso con un qualche esperimento documentaristico; per fortuna la fotografia e le musiche, del Maestro Morricone, riescono a dargli l’identità di un lungometraggio dalle caratteristiche americane che si mescolano allo stile italiano. Tutto è comunque talmente in sordina che nulla prevale e il film, dalla buona esecuzione e dalla comunque intensa interpretazione di Tim Roth, resta uno dei film più “pesanti” (inteso come non troppo piacevole da guardare, in quanto lungo e prolisso, faticoso da seguire) che io abbia mai visto.
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