Regia di Spike Lee vedi scheda film
Drammone cestofilo con protagonista un grandioso Denzel Washington, questo “He got game” è una sorta di testamento ideale di Spike Lee. Più che in altri film, in questa pellicola del 1998, Lee raccoglie tutti i topoi della propria poetica autoriale, concentrandoli insieme (New York, pallacanestro, beghe familiari) e sfrutta i suoi feticci (lo stesso Washington, ma anche l’esordio della Dawson ed il cameo di Turturro).
Lee conferma di essere un grande autore, specie quando s’attornia di tutto ciò che lo fa felice: ecco perché in “He got game”, più che in “La 25^ ora” o in “Inside man”, Lee riesce ad esprimere il suo meglio. Si tratta della storia di Jesus Stuttlesworth (interpretato piuttosto bene dalla guarda dei Supersonics di Seattle Ray Allen), conteso tra tutte le università americane, tra cui quella di cui è proprietario il governatore dello stato in cui il padre Jake (Washington) è detenuto. Se Jesus giocherà per “Big State” Jake avrà uno sconto di pena; ma Jesus odia il padre perché questi ha ucciso sua madre e la diatriba familiare avrà inizio come colonna portante dell’intero racconto. Attorno al rapporto padre-figlio girano personaggi veri o fittizi del basket (da Rick Pitino, a Rick Fox, da Jordan a Shaquille O’Neal a Cheaney), intrighi tra Lala (Dawson), la ragazza di Jesus ed un presunto agente, i rapporti difficili di Jesus con gli zii e la sorella, il rapporto tra Jake ed una prostituta da redimere, Dakota (Milla Jovovich).
Da mandare all’oblio le traduzioni degli specialisti italiani sui termini cestistici (centro diventa centrocampista!!!!!!! per esempio). Per il resto, un film piacevole e fluido, profondo ma anche divertente, arguto e spregiudicato al tempo stesso. Il miglior Lee, o quantomeno il più caratteristico.
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