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He Got Game

Regia di Spike Lee vedi scheda film

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La recensione su He Got Game

di cheftony
6 stelle

“Caro Jesus, da quando sei nato non ho fatto che spingerti. Per farti diventare il miglior giocatore, quello che io non sono mai stato. Finalmente ho realizzato che ti stavo spingendo anche sempre più lontano da me. Sono convinto che le cose andranno per il meglio per te e per Mary. Il tuo bisnonno mi diceva sempre: 'Continua a provare scarpe ché prima o poi trovi il paio che ti stanno'. Be', sono qui per testimoniare che ho trovato il paio. Fanno male da morire, figliolo.”

Jake Shuttlesworth (Denzel Washington) è un detenuto del carcere di Attica, a New York, che ottiene un bizzarro permesso-premio: il direttore del carcere Wyatt (Ned Beatty) lo spedisce fuori perché possa esaudire un desiderio del Governatore, ovvero convincere il figlio Jesus Shuttlesworth (Ray Allen), fenomeno cestistico alla fine dell'high school, ad iscriversi all'università a Big State, di cui il Governatore è grande tifoso.
Se dovesse riuscire in una settimana nell'impresa, Jake avrebbe la propria pena commutata, ma c'è un dettaglio non da poco: Jake è in carcere per aver ucciso involontariamente la moglie dopo una lite e Jesus, da allora, lo odia e lo disconosce.
Viene perciò a ricrearsi un conflitto familiare insanabile, con Jake che nasconde al figlio il motivo della sua temporanea scarcerazione per cercare di arginare la frattura e di far leva sull'orgoglio di Jesus, ricordandogli che è solo grazie agli insegnamenti e alla durezza del padre che il ragazzo ha imparato tutto ciò che sa fare con la palla a spicchi, dai tiri in step-back alle sportellate sotto canestro.
Intanto Jesus deve compiere una scelta fra le molte borse di studio offertegli, ma nel frattempo deve pure badare alla sorellina, gestire il rapporto con la ragazza Lala (Rosario Dawson), udire le sirene non solo del padre, ma anche dell'attuale coach, degli agenti che vorrebbero portarlo subito in NBA, delle “fighe bianche del college”, dell'avido zio Bubba (Bill Nunn) e via andare...

Film di Spike Lee che nel '98 ebbe una certa eco, “He Got Game” è un altro dei lavori immediatamente riconoscibili del regista e sceneggiatore nato ad Atlanta ma cresciuto nella Grande Mela e tifoso sfegatato dei New York Knicks (avete mai visto come va conciato a vedere le partite?); ci sono veramente tutte le cifre stilistiche di Lee: quartieri accesi e pimpanti, luci sfavillanti, disagio sociale e familiare, redenzione, ghetto e borghesia, corruzioni e malcostumi, stavolta incentrati verso il mondo del basket che seduce i giovani talenti con promesse di soldi, donne e favori.
Ma è anche uno sport meraviglioso, che Spike Lee ama e cerca di rendere su pellicola paragonandolo per leggiadria e coordinazione ad un balletto classico approfittando di musiche suadenti, che fanno da contraltare ai pezzi dei Public Enemy. Ed è proprio su un campetto, con le sneakers ai piedi e con la palla a spicchi, che si risolve una contesa molto più importante di un qualsiasi uno contro uno. Denzel Washington, solita garanzia recitativa, mette in mostra qualche capacità cestistica discreta, mentre al contrario Ray Allen, uno che nel '98 era una grande promessa della NBA e allo stato attuale è diventato forse il miglior tiratore puro di sempre, se la cava niente male come attore.
Purtroppo “He Got Game” non è esente da peccati che sono parte integrante del cinema di Spike Lee: è retorico, pomposo, fin troppo sentimentale in alcuni punti (praticamente superfluo il personaggio della prostituta interpretata da Milla Jovovich), troppo legato a certi stereotipi per essere una denuncia seria, un ritratto feroce e veritiero come poteva essere il quartiere spaccato e implodente di “Fa' la cosa giusta”. Sotto questo punto di vista, “He Got Game” ha poco di nuovo da offrire; come atto (cinematografico) d'amore per il basket e come film su una dinamica padre-figlio elaborata, nulla da dire: il film funziona. Ma non c'è nient'altro.

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