Regia di Anthony Mann, Laurence Harvey vedi scheda film
Anthony Mann non è tra i registi di western più conosciuti, ma è stato sicuramente tra i più innovativi, per aver introdotto nei suoi film (soprattutto quelli degli anni '50) l'ambiguità sia tra i personaggi che nell'interiorità del singolo protagonista. In questo suo ultimo lavoro (molto sottovalutato) spinge il discorso agli estremi: una spy story in cui l'agente secreto si muove tra KGB e intelligence britannica con una doppia identità che gli permette di fare il doppio gioco. Lo scenario della guerra fredda è un gioco delle parti in cui l'una vale l'altra, in un continuo avvicendamento che lascia senza scampo sia la spia che lo spettatore, senza che le la contrapposizione ideolgica fornisca dei punti di riferimento. Allo 007 di turno non basta esibire stile e fascino come James Bond per avere il controllo della situazione, sono gli eventi che lo dominano e lo manipolano come una marionetta (come suggerisce l'animazione dei titoli di testa). Molto significative le ambientazioni: la Berlino del muro, teatro della guerra fredda, ma anche la swinging London degli anni '60 pervasa di fermenti di una modernità spiazzante, sfuggente, addirittura allucinante, come mostra Antonioni in Blow up.
Consigliato a chi cerca il lato disturbante di James Bond.
Improponibile il confronto con Sean Connery: molto legnoso e inespressivo
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