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Zombi

Regia di George A. Romero vedi scheda film

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FABIO1971

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Zombi

di FABIO1971
10 stelle

“Sono ancora lì”.

“Cercano noi, lo sanno che siamo qui”.

“Vogliono questo posto. Non sanno perché, ma se lo ricordano: si ricordano che vogliono venire qui dentro”.

“Chi siamo per loro?”.

“Siamo noi, i vivi. Non c’è più posto all’inferno”.

“Come?”.

“È una cosa che mi diceva sempre mio nonno. Conoscete la macumba? Il voodoo? Mio nonno era una specie di stregone a Trinidad. Ci diceva: ‘Quando non ci sarà più posto all’inferno, i morti cammineranno sulla terra’ ”.

[Gaylen Ross, David Emge e Ken Foree]


Gli zombi hanno invaso il mondo.

“Perché sta accadendo?”.

“Che differenza fa il perché?”.

Stati Uniti: la popolazione è impazzita, il terrore serpeggia nelle strade e in tutte le maggiori città del Paese è in vigore la legge marziale.

Anche la Wgon-Tv, l’emittente televisiva dove lavora la protagonista Fran (Gaylen Ross) - che nella versione italiana diventa Jane - è costretta a interrompere le trasmissioni: tensione e paura dilagano, ma nessuno, neanche la scienza, riesce a comprendere che cosa stia accadendo. L’ultimo talk show in onda diffonde notizie sempre più allarmanti: “Ogni cadavere che non viene sterminato diventa uno di loro, si alza e uccide. Le persone che uccide, si alzano e uccidono. I corpi devono essere sterminati distruggendo il cervello o recidendolo dal resto del corpo. La situazione deve essere sotto controllo prima che sia troppo tardi: si moltiplicano troppo rapidamente e uccidono per un solo motivo. Uccidono per cibo, mangiano le loro vittime, è questo che li fa andare avanti”. Il governo ha intimato ai cittadini di abbandonare le abitazioni e radunarsi nelle stazioni di soccorso nel centro delle città, mentre i soldati della Guardia Nazionale si occupano della caccia agli zombi. Durante lo sgombero di una comunità di portoricani da un hotel di lusso infestato dai morti viventi, due soldati, Roger (Scott H. Reiniger) e Peter (Ken Foree), decidono di approfittare di un’occasione propizia per scampare all’ecatombe: l’idea di Roger, infatti, è di aggregarsi all’amico Stephen (David Emge), in partenza con un elicottero dal tetto della Wgon-Tv, dove deve prelevare proprio Fran, la sua fidanzata. Fuggono tutti insieme nel cuore della notte, finchè l’esaurimento del caruburante non li costringe a trovare in fretta un riparo: atterrano, quindi, sul tetto di un centro commerciale e si barricano nei piani superiori dell’edificio, in modo da poter controllare dall’alto i movimenti degli zombi, poter disporre a piacimento di tutte le sterminate risorse dei negozi e rifiatare qualche giorno prima di organizzare un piano alternativo. Dalla tv, intanto, provengono agghiaccianti bollettini e, dalle frequenze dell’Emergency Broadcast Network, le immagini dei massacri si accompagnano, nell’incredulità dilagante, ai commenti di uno scienziato, il dottor Millard Rouche (“La prima domanda che ci si pone è se sono cannibali. No, non sono cannibali: il cannibalismo nel vero senso della parola implica un’attività tra specie simili, ma queste creature non si possono considerare esseri umani e non si uccidono tra di loro. Si nutrono soltanto di carne viva, hanno poca intelligenza e nessuna capacità di ragionamento: gli restano alcune capacità elementari e hanno reminiscenze di quando erano in vita. Secondo alcune notizie, queste creature userebbero degli attrezzi: anche in questo caso si tratta di azioni semplici e molto primitive, cioè l’uso di oggetti come clave o simili. Anche alcuni animali fanno un uso rudimentale di simili arnesi. Queste creature sono guidate soltanto dal puro istinto emotivo, il loro unico motore è il desiderio di cibo, il cibo che li sostiene. Non dobbiamo essere indotti a credere che costoro siano membri della nostra famiglia o nostri amici: non lo sono, non provano alcuna emozione. Questi mostri devono essere uccisi a vista, distrutti senza pietà!”), lo stesso che, durante un successivo dibattito, arriverà a proporre il lancio della bomba atomica come unica, possibile soluzione al flagello. La quiete dura pochissimo, perché, oltre a difendersi dall’assedio degli zombi, lo sparuto manipolo di fuggitivi deve anche respingere anche l’attacco di una banda di razziatori motorizzati (capeggiati da uno scatenato Tom Savini), intenzionati a saccheggiare il centro commerciale: sarà un bagno di sangue, una carneficina di uomini e morti…

Dieci anni prima, durante una notte di raccapriccianti orrori (o nel raccapricciante orrore di infinite notti…), i morti erano/sono tornati in vita. “Adesso”, all’alba, mentre panico, caos e incredulità sconvolgono un pianeta al collasso, l’umanità deve organizzarsi per fronteggiare le orde di famelici e immondi assassini. Oppure fuggire.

Dieci anni prima, durante un insanguinato 1968, i morti viventi iniziarono a popolare gli incubi in bianco e nero di una generazione da sconvolgere. “Adesso”, anno di grazia 1978, la parabola malata di George A. Romero sul processo di putrefazione della società di massa si colora/rigenera/riestingue nell’orrore di sempre. Ed è di nuovo disordine, fuga, assedio. E morte.

Dawn of the Dead
, quindi. Non più “alba dell’uomo” kubrickiana, ma apocalittica traslazione/decomposizione in “alba dei morti”, perché Romero (inquadrando in prospettiva umanistico-pessimista le poetiche cinematografiche dei due autori) è l’anti-Kubrick: per il maestro di 2001: Odissea nello spazio, infatti, l’istinto omicida è innato nell’uomo, mentre per Romero l’uomo è morto e (si) uccide per non (ri)vivere (ma si osservi anche, confrontando Zombi con Shining, un’identica scelta “grammaticale” - ovvero, stesso taglio dal basso dell’inquadratura e campo lunghissimo - nel trasformare gli interminabili corridoi del centro commerciale/Overlook Hotel in infernali segmenti tra occhio/macchina da presa/spettatore/cinema e l’aldilà orrorifico). Rispetto a La notte dei morti viventi, le metafore e i simbolismi di Zombi si fanno più diretti e stringenti, la tensione più asfissiante, il ritmo più incalzante e sicuro: il fascino senza tempo del precursore resta inattaccabile, ma lo sguardo diviene adesso più affilato e consapevole della propria contagiosa virulenza. Il risultato è un gioiello di essenzialità stilistica e raffinatezza formale, opera seminale sia nella storia del cinema horror, di cui sposa l’estetica splatter, complici gli strepitosi effetti speciali di Tom Savini, ulteriormente esaltati dalla splendida fotografia di Michael Gornick (con Romero da Martin a Il giorno degli zombi), per sovraccaricare iperrealisticamente ogni sequenza fino all’insostenibilità, che nella filmografia del regista, ennesima testimonianza, tra l’altro, della profonda influenza di nomi come Howard Hawks, Don Siegel (quei campi lunghi dal basso di Romero & Kubrick come, ad esempio, la macchina da presa nel corridoio di celle di Rivolta al Blocco 11) e Raoul Walsh su quella generazione di registi, giunti alla ribalta tra gli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta (Romero, Peckinpah, Carpenter, ma, per certi versi, anche Eastwood), che forgiarono la propria disillusione sciogliendosi di fronte alle immagini immortali di L’invasione degli ultracorpi, Tamburi lontani o Un dollaro d’onore.

Un’orgia di sangue, carne e viscere dilaniate, quindi, a invadere, inarrestabile, lo schermo, un senso di lancinante disperazione, illusoriamente stemperato da una sottile e macabra vena grottesca, che, anziché alleggerire il peso della tensione, ne amplifica l’inquietudine e gli umori più disturbanti, un magnifico e caotico incipit nello studio televisivo, le scorribande sfrenate dei protagonisti nei saloni e lungo i corridoi del centro commerciale, elettrizzati dall’inappagabile godimento di violare un emblematico e paradisiaco luogo di culto della società dei consumi, devastato dalla famelica avidità dell’umanità cadaverica che lo popola (“Perché tornano in un grande magazzino?”, domanda Fran a Stephen: “Deve essere l’istinto. Il ricordo di quello che erano abituati a fare: era un posto importante quando erano vivi…”), la furia splatter del massacro finale, l’opprimente, continua e devastante presenza “fisica” dell’orda sterminata di zombi, massa putrida e deforme di corpi vaganti e affamati di morte.

Il successo di pubblico sarà strepitoso, nonostante la travagliata gestazione: Dario Argento, infatti, ammiratore d’eccezione di Romero, invitò a Roma il regista per completare la stesura della sceneggiatura. Ne nacque un accordo produttivo: Argento, infatti, accreditato come script consultant e come collaboratore alla colonna sonora, acquisì i diritti di distribuzione del film in Europa e Giappone, realizzandone un montaggio alternativo e imponendo una nuova colonna sonora, composta dai Goblin (scelta che, in seguito, verrà gradita anche da Romero). Al di là dell’arbitrarietà dell’operazione (mutilare il film di una ventina di minuti per non sforare le canoniche due ore di durata imposte dai distributori europei), i tagli operati da Argento privarono la pellicola di due importanti (e splendide) sequenze che illustravano alcuni momenti di intimità tra i protagonisti all’interno del centro commerciale: inoltre, nella colonna sonora dell’extended version del film (quella di 137 minuti con il montaggio di Romero) è assente il brano Oblio dei Goblin, una delle perle assolute del loro contributo al film, incluso invece nella versione adattata da Argento (sostituisce le musiche diffuse dagli altoparlanti del centro commerciale durante la sequenza in cui vengono spostati i cadaveri degli zombi nelle celle frigorifere).

Con un remake di Zack Snyder, L’alba dei morti viventi (meno presuntuoso del previsto), nel 2004.

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