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Scorticateli vivi

Regia di Mario Siciliano vedi scheda film

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La recensione su Scorticateli vivi

di giurista81
3 stelle

Il poliedrico Mario Siciliano, produttore di buoni western diretti da Alberto Cardone (tra i quali 1.000 Dollari sul Nero) e poi passato dietro alla macchina da presa con risultati di valore decrescente al passare degli anni, scrive e dirige una storia dal soggetto interessante ma mal sviluppato (verrebbe più da dire "non sviluppato"). Protagonista è un balordo carico di debiti che decide di riparare nell'Africa nera dove il fratello, un altro balordo, guida una legione di mercenari depredando diamanti alle popolazioni locali puntualmente trucidate senza pietà. Il giovane non trova la comprensione del fratello (un non troppo convincente Charles Borromel). Quest'ultimo, si fa chiamare "il colonnello", è un uomo duro e crudele, abile in battaglia ma totalmente privo di sentimento e legato al denaro. Invitato ad andarsene, il giovane si troverà a partecipare a un'operazione di recupero del fratello stesso, catturato da una tribù di locali intenzionati a processarlo per crimini di guerra (!?). A muoverlo però non sono i sentimenti fraterni, ma la convizione che l'uomo nasconda diamanti nella propria cintura (non si capisce perché i suoi carcerieri non gliela toglino).

Pur avendolo salvato dalla morte, il giovane non troverà alcuna apertura nel cuore del fratello e tra i due scoppierà un nuovo litigio per l'acquisizione dei gioielli con un serpente costrittore (mi pare!?) che morderà a morte l'uomo, così, a titolo gratuito.

Film assai povero nei contenuti, Siciliano mostra il peggio dell'animo umano in una storia dove violenze, torture, stupri e attaccamento maniacale al denaro la fanno da padroni. Ormai prossimo a passare al softcore, il regista introduce più di un momento erotico che, in un film del genere, ci sta quanto il proverbiale "cavolo a merenda". La bionda Wilma Truccolo (anch'essa prossima a passare al cinema erotico di bassa lega con prodotti quali Porno Erotico Western di Pannacciò), e una procace colored si esibiscono in topless e amoreggiamenti vari col protagonista.  

Il film diviene così noioso, con una storia che non propone niente di interessante e si snoda in una missione di recupero in cui gli uomini litigano di continuo tra loro, manifestando un disagio che arriva da lontano. C'è infatti un abbozzo di caratterizzazioni con dei flashback, tirati via, dove si vede il passato di alcuni componenti della squadra di recupero. Un po' poco per salvare l'operazione, peraltro minata da dialoghi a tratti trash (si veda il discorso sulla morte).

Peccato, perché la direzione degli attori è più che sufficiente, mentre la messa in scena è tendente al buono. Le scenografie africane sono fascinose e piuttosto originali. Cipriani offre un suo commento sonoro di seconda fascia, ma è pur sempre il lavoro di un grande maestro, mentre il cast artistico, seppur povero, tiene bene botta. Il protagonista, Bryan Rostron, è una sorta di Ray Lovelock dei poveri, all'ultimo film in carriera, pescato dai serial tv e con qualche comparsa in un pugno di film italiani. Si nota anche Giuseppe Castellano, celebre caratterista del poliziottesco, qua nei panni di uno sgherro particolarmente truce e violento (uccide un ragazzo di colore sfondandogli la testa in un muro, brucia un prigioniero con una fiamma ossidrica e induce al suicidio una donna di colore che si apprestava a violentare).

Risibile, solo per estremisti appassionati del cinema di genere italiano. Sembra peraltro che le versioni televisive siano abbondantemente censurate.

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