Regia di Vincenzo Natali vedi scheda film
Di Stephen King non si butta via niente. Si potrebbe quasi dire così, guardando a questo ennesimo adattamento che va a ripescare uno striminzito racconto del Re dell'Orrore e cerca (maldestramente) di pressarlo, stirarlo, stiracchiarlo sino alla durata d'un lungometraggio. Dell'autore non si butta via niente, si diceva, e difatti ad Hollywood pare ricominciata la febbre "kinghiana" che porta i produttori, di film o serie TV che siano, ad una corsa forsennata per andarsi ad accaparrare i diritti di qualsiasi cosa sia mai stata partorita dalla mente dell'autore, anche il più piccolo dei raccontini, certe volte addirittura prima che il l'opera faccia la sua comparsa sugli scaffali (è successo molte volte negli ultimi anni, anche con il recente The Institute [L'istituto]).
A cosa porta tutto ciò? Come c'era da aspettarsi, ad una prolifelazione di titoli e titoletti spesso dimenticabilissimi che vanno solo a sovraffollare la già straripante lista di adattamenti da King (secondo solo a Shakespeare in questo, a quanto pare; tampinato a breve distanza da Sutter Cane), ai quali va ad aggiungersene uno in più (in attesa che esca Doctor Sleep...) con questo Nell'erba alta diretto dal Natali di The Cube.
La premessa è stimolante, forse non tremendamente originale ma nemmeno tremendamente abusata, e avrebbe offerto diversi spunti di sviluppo interessanti, ovviamente ignorati dal regista-sceneggiatore che invece ha scelto di incartarsi in una deriva via via sempre più ridicola e sin esilarante che fa ben presto dimenticare quanto di buon s'era visto nei primi minuti e, inoltre, fa neanche troppo gradualmente svanire ogni minimo brandello di tensione rimasto. Ed ecco che allora il film si fa in pochi minuti fiacco e ripetitivo, e perde di qualunque interesse vista anche e considerata la sua cronica incapacità d'inquietare.
Certi rapidi sprazzi visivi sono anche intriganti (vedi la ripresa della goccia che riflette l'opprimente "campo d'erba alta"), ma la sceneggiatura non sa che pesci pigliare, per dirla con un eufemismo, per tentare di allungare a dismisura il brodo alla durata che pare si addica ad un lungometraggio. Tra l'altro, non spiega un bel niente e sin dalla prima comparsa del "monolite" rischia di far sprofondare abbondantemente il film nel ridicolo.
Come si dice sempre in questi frangenti, alla ricerca d'un barlume di redenzione per l'operazione in questione: bella la fotografia e discreta la recitazione (molti sono rimasti colpiti da Wilson in modalità cattivone...), ma il film si risolve in davvero pochissima cosa, non inquieta quasi mai e, nel finale (tra "apocalittiche" visioni rosso sangue che erano già scontate negli anni '20 e altrettanto apocalittiche "pile" distopiche di bambini che manco in Matrix) sbarella definitivamente, sino alla prevedibilissima "scazzottata" tra machi (SPOILER: e al "rewind the tape" conclusivo FINE SPOILER).
Peccato. Ma forse non è un caso, dopotutto, che sia stato distribuito solo su Netflix:
Che ci vuoi fare, baby, so' cose che capitano...
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