Regia di Alberto Grifi, Massimo Sarchielli vedi scheda film
Mi sono sempre chiesto perché se un regista un giorno decidesse di prendere della legna e di farne un comodino, allora quel mobiletto non sarebbe più identificato come tale, ma diverrebbe un “film sperimentale underground”. E, se arrivi tu e dici: “Ma quello è un comodino! Perché lo stanno proiettando in una sala d’essai? E poi come fanno? E’ un comodino!”, ti trovi l’intellettualoide di turno che ti fa “ma che comodino e comodino!! Quello che tu chiami comodino l’ha fatto , è un film indipendente… il legno al posto della pellicola, il cassetto al posto della trama, ma che vuoi capirne, anzi, carpirne, tu?”.
Due registi-attori di nome Alberto Grifi e Massimo Sarchielli un giorno incontrarono questa sedicenne di nome Anna vagare per Piazza Navona, la ragazza era incinta ed hanno ben pensato di usarla come protagonista di un film (appunto “Anna”), poi hanno visto che la sceneggiatura faceva pena e hanno pensato che potesse essere perfetto semplicemente filmare tutto quello che questa ragazza facesse dal giorno in cui Massimo Sarchielli aveva deciso di farla dormire a casa sua. Così nasce il “film” intitolato Anna, girato tra il 1972 e il 1973. Il film, se vogliamo così chiamarlo, è interamente girato con una telecamera trovata dentro l’ovetto Kinder, la quale non filma in bianco e nero ma in grigiochiaro-grigioscuro (durante le quasi quattro ore di film paghereste per un nero o un bianco). Nella prima scena ci sono dei personaggi seduti al bar di Piazza Navona (Roma) che chiacchierano circa questa Anna su cui i loro amici registi hanno fatto un film; a chiacchierare sono una hippie bionda ed un tale che somiglia a Luca Barbareschi con la barba e capelli lunghi e barbona riccia e gli occhiali alla Woody Allen (potrebbe essere uno di quelli in cui si travestiva, appunto, Barbareschi quando faceva “il grande Bluff” non so se ve la ricordate la trasmissione). Insomma, sto tizio è una sorta di luminare della rivoluzione comunista… non fa che parlare di borghesi, di padroni, servi… un rompi palle senza confini che però gode, nel suo tavolino a Piazza Navona, della stima di tutti i capelloni sedutigli attorno. La scena in cui Massimo Sarchielli (una specie di Maurizio Nichetti con baffoni da messicano e accento toscano) conosce Anna è stata ricostruita in quanto all’inizio che ne sapevano che avrebbero beccato questa tale da sfruttare per farci il film? Il regista arriva con questo suo enorme e pacchiano cappello bianco (pardon, grigiochiaro… sapete, la telecamera dell’ovetto Kinder), s’accolla ad Anna e lei gli spiega che ha bisogno di un posto dove dormire. Da qui in poi è tutto cinema-verità, vengono riprese tutte (e dico tutte) le scene dei due mesi in cui Anna sta a casa di Sarchielli. Ma si torna spesso al bar di Piazza Navona dove il tavolino del bar è sempre più affollato di capelloni, tra cui c’è un beota sdentato che sembra Francesco Renga, forse il più cretino tra tutti, probabilmente un disturbato mentale con voce da alcolizzato, anche lui, crede di parlare a nome di qualche Dio dicendo banalità assurde tipo “godiamo per soffrire!”, e tutti gli altri “si si bravo è vero!”. Nel frattempo la versione freak di Barbareschi parla delle bombe a Milano e dice “… ma sì, le bombe a Milano…che poi son stati loro!” e alla domanda (proveniente da non si sa chi fuori campo) “loro chi?” lui, con la faccia di chi sa come gira il mondo, liquida: “beh, loro… il sistema, si sa!”; poi cita Mao dicendo che “la rivoluzione non è un pranzo di gala” e, guardando la telecamera, spiega che vuole fare la rivoluzione e vuole farla col sangue se necessario. Vabbè! e intanto si continua a grattare la barba e gongola sul suo tavolino di Piazza Navona, il padrone del bar si secca e a tutti loro dice “ma volete consumà almeno!?” e loro lo cacciano (al padrone del bar) e gli dicono che è pure lui servo dei padroni ecc ecc (tutto vero, cinema verità, niente copioni o sceneggiature… e se vede!). ma che fine ha fatto la ragazza dal nome palindromo che dà il titolo a ‘sta specie di film? ah si! Anna! Lei sta ancora a casa di Sarchielli, non sa cosa sono gli hamburger, racconta a lui che quando andava dalle suore queste le mettevano la mostarda addosso e le facevano mangiare il vomito! Segue un lunghissimo dialogo tra Sarchielli, un tizio per strada (qui i personaggi entrano come al Mac Donald, non si capisce chi sia sta gente) ed uno che penso sia un giornalaio, che però parla in maniera forbita e conosce tutte le leggi italiane. Sarchielli, per delucidazioni, va da un avvocato seduto pure lui al baretto di Piazza Navona e gli chiede “ma io sta Anna me la posso tenè a casa si o no, visto che è minorenne ecc ecc?”, l’avvocato (borghese a bestia) gli sconsiglia la convivenza perché la ragazza potrebbe avere qualche malattia venerea, i pidocchi o altro. Poi spiega quali sono le leggi e infine chiacchierano di politica, dei giovani, della droga (e la moglie dell’avvocato intanto fa l’eco su qualsiasi cosa dicano… un fastidio atroce); ma alla fine il giurista risulta quasi un tizio simpatico, col suo accento siculo. Peccato che nella scena dopo si torna all’altro tavolino (quello freak) dove c’è una fattona mezza sarda che parla facendo quasi lo spelling, e dice che l’avvocato e mezzo pervertito, appena sente questa notizia Barbareschi-Freak scatta parlando, allora, dei borghesi, dei preti e dei padroni che vengono a piazza Navona convinti di trovarci le puttane e le marchette visto che sono repressi sessualmente (non je pareva vero!). A casa di Sarchielli, intanto, Anna ha portato pidocchi a volontà e le fanno fare la doccia… lei non vuole farsi filmare ma loro gliela fanno fare lo stesso, belle persone eh! No zitto so artisti! È un film indipendente!! Che vuoi sembrà superficiale? Boh, comunque la scena della doccia di Anna è una porcata assurda, cinque ore di riprese verso questa poraccia incinta ignuda che si toglie i pidocchi da ovunque. E’ arte? Ma la stanno aiutando sta porella o ci vogliono solo fare un film per poi fare le vittime quando non verrà diffuso ampiamente come “Platoon”? Il momento più bello del film consiste in quelle sette ore di ripresa a piazza Navona tra i “capelloni ggiOvani” dell’epoca. Avete presente Lorenzo di Corrado Guzzanti e Ruggero di Carlo Verdone… ecco, dimezzate i contenuti intellettuali del primo ed ampliate le vocali dell’altro… condite tutto con la fissazione forzata per il proletariato ed avete creato i giovani di Piazza Navona; gli amici di Anna, parlando di lei ci spiegano che è matta e stronza, che una volta, mentre era in cinta, aveva chiesto loro di farsi un tubo di stetamina; poi, parlando di loro spiegano che lavorare a loro fa schifo, che spesso si va a rubare anche per conoscere meglio se stessi, oltre che per mangiare e che tutto quello che fanno nella vita è girare a vuoto per Roma (ma non lavorano per non stare sotto al padrone), s’aggiunge a sta comitiva una specie di americano/tedesco/normanno biondo che parla inglese e dice sempre “you’re scared” (e altre varianti), poi sbuca uno… uno che non so come sia finito lì (ma ormai ci ho fatto il callo, in questo film girato come “The Blair Witch Project” la gente non si capisce chi è e perché sta lì)… questo “uno” è un signore sulla cinquantina, romano, lavoratore… i “capelloni” lo prendono di mira perché lavora, quindi è un borghese ed iniziano a dare a se stessi la qualifica di “artisti”, tant’è che anche uno di loro ad un certo punto si risveglia dal torpore degli anni ’60 appena finiti e dice “ma artista di cosa? Che artista sei te??” e loro si incazzano, perché pensano che rubare e non lavorare sia essere “artisti” e allora si beano dicendo “oh, che male c’è a esse artisti… bisogna esse un po’ artisti nella vita… metti che fai un quadro, lo vendi a un milione e te sistemi”. Il borghese (che s’era fatto piccolo piccolo) spiega che il milione non lo regalano e allora un capellone dice “io col milione nun ce faccio un cazzo” e si guarda attorno cercando approvazione tra i compagni. E’ stato avvilente vedere queste bocche che si riempiono di qualunquismo e banalità impostegli dalla mentalità che s’erano cercati…. Vedetevi sta scena…è agghiacciante!
che palle! Segue una lite tra un negro cubano e l’americano/tedesco/normanno che continua a dire “you’re scared” e poi anche “they don’t want you in Africa!”. Poi si torna ad Anna, una scena lunghissima di lei che prova a chiamare un numero ma è sempre occupato (scherzi a parte, credo che questa scena duri sui 20 minuti). Entra un nuovo personaggio, questo capiamo addirittura chi è grazie ad un sottotitolo aggiunto in fase di “montaggio”… lui è Vincenzo Mazza, elettricista del film, uguale a Simone Cristicchi senza occhiali e con un po’ di ciccia in più! Lui presto s’innamorerà sul serio di Anna (ma prima che ci sia l’ufficializzazione della coppia il film ci mostra altre settemila ore di noiosi dialoghi tra Anna e Sarchielli). Nel primo dialogo tra Vincenzo e Anna non si capisce una mazza (come suggerisce appunto il cognome dell’elettricista) perché questo dice solo “cioè” e in un lunghissimo discorso insensato lo dice per lo meno quarantamila miliardi di volte. Rivoluzione femminista a Campo De’ Fiori!! I due registi sono andati a filmare pure la per mettere tutto nel loro minestrone (pardon, film indipendente underground, bellissimo, stupendo)! Ci sono queste suffragette con la voce di Rosa Russo Jervolino (tutte quante) col megafono che cantano motti come “nella famiglia l’uomo è il borghese, la donna il proletario!”, uno grida loro “andate sul marciapiede”, poi arriva la polizia (polizio-fascista polizio-fascista polizio-fascista, poliziotti servi dei pardoni, poliziotti servi dei padroni) che alla fine cheta tutto quanto (una parte fascista di me ammetto che ha tradito una certa soddisfazione). A casa Sarchielli torna quello scemo che somiglia a Francesco Renga, inizia a fare un monologo di cose sensa senso intervallate da “Diocàn!”. Anna partorisce ma i medici allontanano da lei la bambina perché la madre ha i pidocchi ed è pericoloso, Vincenzo Mazza (ormai fidanzato di Anna è felice perché c’è la bimba, ma al contempo dice che i medici sono padroni). Dopo un anno Anna è sparita, Vincenzo sta distrutto e un po’ m’ha fatto anche pena.
A questo film do lo stesso voto che gli ha dato il Merenghetti: 4 (solo che per il Merenghetti è il massimo, io invece voto in decimi).
Secondo me la poca diffusione di questo film nelle sale e la sua irreperibilità ancora oggi esistente sono più che giustificate dal fatto che questo non è un film! e non lo dico perché ho l’idea di film come storia con inizio e fine che consti solo in mera finzione. Lo dico perché, secondo me, la “buona azione” di tenere per due mesi una tossicomane incinta dentro casa, perde tutto il suo valore se viene fatta unicamente per farne un esperimento cinematografico. Il film è uno dei primi video registrati in Italia, è stato girato tra il 72 e il 73 con una telecamera AKI su 11 ore di nastro magnetico da ¼ di pollice e poi trasferito (nel 75) su una pellicola da 16 mm grazie ad un sincronizzatore elettronico inventato dallo stesso Alberto Grifi. Ma perché non girarlo su normale pellicola? Secondo me è tutta una furbata, la gente vede la pessima qualità dell’immagine e non nota i pochissimi contenuti di un film reputato da molti come un capolavoro, un romanzo capitale, uno dei migliori esempi di cinema underground! Ci sono scene lunghissime ed inutili (Anna che prova a telefonare al numero occupato, Anna sotto la doccia nuda che si vergogna ma la riprendono lo stesso). È veramente arte? Il fatto che sia un documento realista delle situazioni dei giovani all’inizio degli anni ’70 non vuol dire che sia un film; si poteva fare un reportage, ma indubbiamente le ambizioni dei registi erano più alte. Inoltre è tutto, per dirla con una parola dei giorni d’oggi, un reality: e, come il fenomeno mediatico in questione, anche questo film, secondo me, è un prodotto per voyeristi e snob. Le lunghe chiacchierate tra hippie e intellettualoidi comunisti secondo me sono terrificanti e danno solo una pessima immagine della loro “rivoluzione”. Della Anna protagonista del film non s’hanno più notizie. Per quanto riguarda Grifi, uno dei due registi, è morto qualche mese fa (nell’aprile 2007), penso per miseria e malattia. Insomma… Anna non porta soldi, ma pidocchi!
p.s. ma perché sia “servi dei padroni” che “servi dei servi” che “padroni” viene considerata un’offesa? Che bisogna fare per andare d’accordo coi proletari?
VL
http://tuttattaccato.splinder.com
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