Regia di Francesco Nuti vedi scheda film
Ottimo giocatore di biliardo, Nuti annuncia qui il capolinea del suo cinema, ormai irritantemente ripetitivo. Qualche ideuzza ci sarebbe anche, ma se “l’arte del biliardo” era già stata ampiamente sfruttata nel buon “Io, Chiara e lo Scuro” e nel mediocre “Casablanca, Casablanca”, l’omaggio affettuoso al padre arriva al termine di vicenduole risapute, ripetitive, sfruttate, mal scritte e peggio recitate (dalla Ferilli, ennesima incarnazione della prostituta dal cuore d’oro che si redime per amore). Nel film si vedono i colpi magistrali del protagonista che manda in buca quindici palle, ma lo spettatore avverte soprattutto il peso e il gonfiore delle proprie due. Nuti è stato il Dino Campana del nostro cinema: come il poeta di Marradi aveva descritto un viaggio, mai fatto a Montevideo, il Nuti di “Madonna che silenzio c’è stasera” aveva riposto le speranze in un improbabile viaggio “n’i’ Machupicchu”… Sempre più facile che fare tredici al totocalcio o spostare la chiesa.
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