Come fa un uomo in 11 minuti e 36 secondi a cambiarti radicalmente la giornata, lo stato d'animo, i pensieri? Se fossi una sonda mi inserirei nel cervello di Lanthimos per verificare con periscopio i suoi bizzarri e distopici andamenti sinoptici.
A partire dalle locandine, che sono, come per un quadro la cornice, il 60 per cento della bellezza di un film, e le sue sono sempre sorprendenti, come quello che devono poi veicolare, Nimic, scritto col collaboratore di sempre, anche lui da indagare, Efthymis Filippou, è tratto da una storia di David Kolbusz.
Si tratta di una sorta di breve thriller, asettico, ma efficace che narra la vita di un violoncellista (Mat Dillon) che in uno sdoppiamento temporale e animico, si confronta con estranei che gli entrano nella famiglia, negli affetti, nel lavoro, in un loop forse eterno.
Miracolo del sorprendente Lanthimos è oggi quello che il termine "meraviglioso" rappresentava nel 600. Con la sua tipica struttura formale usuale, ma molto intrigante, egli conduce il fruitore in una scatoletta visiva, come fosse una camera oscura che capovolge la realtà.
La soprendente fantasia, le inquadrature sempre originali, il punto di vista altrui e quello proprio, fanno la grandezza di questo regista che non teme di confrontarsi con soli 11 minuti per affermare quanto poco espanso sia il suo ego e quanto forte sia invece la sua perizia e originalità, anche nel cercare nuove sfide stimolanti e creative.
Dunque così come era distopico The Lobster, descrivendo i pericoli percepiti nella società attuale, ma collocati in un contesto distante nel tempo e nello spazio, come già nelle opere fantascientifiche di H.G Wells, anche qui le tematiche di genere, identità, sessualità si accavalano e fanno riflettere lasciando chi osserva ibernato e stordito, confuso, ipnotizzato, perplesso. Anche un pò malaticcio e sudato. Alla fine, vero e congruo risultato artistico. Così come dovrebbe sempre essere.
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