Regia di Valentyn Vasyanovych vedi scheda film
VENEZIA 76 - ORIZZONTI - MIGLIOR FILM "Se non ti accetti come sei, o sparisci o muori". Il film inizia e termina con due lunghe riprese effettuate tramite utilizzo di luci infrarosse: quella iniziale è tremenda, all'insegna di una vera e prooria esecuzione in diretta; quella finale è una tenera scena di affetto post accoppiamento che oredislone ad un clima di timido ottimismo. Siamo nel 2025 in Ucraina. La guerra (con la Russia si presume) è terminata da un anno e il paese sta facendo la conta dei morti, provvedendo allo sminamento del suolo, al controllo delle falde contaminate.
Due militari amici da tempo si sono riciclati come operai in una fonderia del loro paese, in una località resa spettrale dal conflitto. Ma, ora che la guerra è finita, i manager dell'industria intendono riqualificarla, e per farlo devono chiudere molti reparti mettendo a repentaglio molti posti di lavoro. Uno dei due ex soldati non regge allo stress e si uccide in modo atroce,; l'altro, non meno destabilizzato psicologicamente, ha la fortuna di incrociare la sua strada con una archeologa che fa parte di una organizzazione intenta a censire i morti durante il conflitto.
Assieme alla ricerca dei poveri resti dei morti ammazzati, entrambi ritroveranno la vita, quella che vale la pena di essere vissuta, ed assieme forse, inizieranno a tornare a oensate al futuro, magari assieme. Girato in un paesaggio devastato da ruderi e climaticamente afflitto da condizioni avverse, Atlantis è il secondo film del regista ucraino Valentyn Vasyanovych, ed è un'opera tetra ed oscura che si apre poco per volta verso una possibile via d'uscita salvifica.
Girato con lunghe inquadrature fisse che si alternano ad altrettanto lunghe riprese in movimento, il film gioca molto sul fascino tetro del territorio ostile afflitto spesso da una pioggia inclemente, grigia e violenta, e ci fa percorrere una rinascita fisica e spirituale che parte dalla morte, dalla catalogazione dei poveri resti putrescenti dei soldati barbaramente uccisi (uno tra questi probabilmente è il poveretto massacrato nella terribile scena iniziale ad infrarossi), per raggiungere e fare pace con la vita che la ritrovata pace cercherà di riassicurare per chi, come la nostra nuova coppia, ce l'ha fatta a non arrendersi.
Un film cupo e in parte pessimista, forte di scene madri sensazionali e ironicamente trattenute, come quella della doccia all'interno della scavatrice utilizzata a mo' di pentolone dei cannibali, o quella dell'amore sul camion che trasporta cadaveri, sotto una pioggia scrosciante che ricrea l'ambiente più appropriato, e che si apre tuttavia alla speranza di un futuro con qualche occasione in più per avvicinarsi ad un concetto di armonia e soddisfazione che tendano al benessere, se non ad un concetto più complesso e ancora prematuro, solo abbozzato, di felicità.
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