Regia di Sanal Kumar Sasidharan vedi scheda film
Una delle cose che colpisce fin da subito di questa pellicola di Sanal Kumar Sasidharan sono alcune inquadrature. Anche se il prolungamento delle stesse risulta spesso sfinente, la bellezza di certe è indiscutibile. Spesso sviluppate con l’utilizzo di una ripresa fissa che si sofferma sul movimento del soggetto che occupa la scena, dimostrano che la struttura della pellicola è stata studiata non solo per raccontare ma anche per affascinare in qualche modo.
Pur giocando molto con le sequenze di un certo tipo, alternando i vari tipi di riprese, la pellicola risulta difficile da seguire considerando la trama che tratta, soprattutto se contestualizzato nell’ambiente estraneo in cui la stessa viene proiettata.
Una coppia di giovani decide di lasciare il villaggio dove vivono per raggiungere la città e svagarsi tra shopping e bagni al mare; complice di questa impresa il datore di lavoro del ragazzo di Janaki, la giovane donna protagonista di un incubo senza fine.
Il rapporto morboso che finisce per legarla a colui che si rivelerà uno stupratore senza pietà è connesso a doppio filo con il diventare donna. Colui che si incarica di rendere donna una ragazza, sembra avere sulla stessa il convincimento di un’appartenenza oltre ogni ragionevole dubbio. Appartenenza che consente di seguirlo ovunque, difenderlo e addirittura arrivare ad uccidere colui che si crede di amare.
Sasidharan racconta in modo impeccabile le azioni oltre la ragione che muovono una donna disperata ma il modo in cui tenta di renderlo appetibile a tutti finisce per sembrare di difficile comprensione e la lunghezza estenuante della narrazione in cui si inerpica, diventa il punto di rottura con lo spettatore insofferente.
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