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Shadow of Water

Regia di Sanal Kumar Sasidharan vedi scheda film

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La recensione su Shadow of Water

di supadany
8 stelle

Venezia 76 – Orizzonti.

Prima di intraprendere un’azione che esula da quanto ci è usualmente concesso compiere, sarebbe auspicabile farsi due calcoli, verificare non sussistano controindicazioni e progettare ogni mossa nei minimi dettagli. Purtroppo, non è sempre possibile attuare accorgimenti di questo tipo, tanto più se abbiamo compagni di viaggio e qualcuno si è presentato all’imbarco senza preavviso.

In Chola, una giornata d’evasione, da vivere con gli occhi sgranati dalla felicità, imbocca una carreggiata drammatica, mettendo in risalto i resistenti germi di un modello sociale che tratta la donna come una figura subordinata all’uomo.

In un giorno uggioso, senza dire niente a nessuno nel suo villaggio, la giovane Janaki (Nimisha Sajayan) parte insieme al suo corteggiatore (Akhil Viswanath) per trascorrere una giornata in città.

Con loro c’è anche il capo (Joju George) del ragazzo, un uomo che incute terrore a Janaki fin dalle prime battute per la sua stazza e i modi rozzi.

A causa di un imprevisto, non riusciranno a rincasare prima di sera: per la malcapitata ragazza le ore seguenti saranno un vero inferno.

 

Nimisha Sajayan

Shadow of Water (2019): Nimisha Sajayan

 

Chola è un film in crescita progressiva, una svolta dopo l’altra, in un’escalation che dapprima mette soggezione e in seguito impone di trattenere il fiato. Parte come una fuga di qualche ora (peraltro, non è chiaro come possa rimanere segreta) tra due giovani in fase di innamoramento, si trasforma in un dramma vibrante, con la preoccupazione della ragazza di vedere infangata la reputazione, per poi sfociare in un protratto thriller con l’asticella del pericolo in vertiginosa impennata.

Uno sviluppo che fin dalle prime avvisaglie - con la natura impervia, il tempo avverso e la confusione fatiscente della metropoli - preannuncia di prendere una brutta piega, per poi precipitare in un autentico abisso, sprovvisto di una qualunque exit strategy.

Così, l’ultimo allungo, articolato su una distanza considerevole, ha una presa a tenaglia e piazza un pugno nello stomaco dietro l’altro, esprimendo vari gradi di disperazione, la furiosa follia di chi si sente invincibile e la debolezza nervosa di chi deve scovare una forza sconosciuta per cullare una speranza di salvezza.

Inevitabilmente, la chiusura è raggelante e, combinata con gli altri scomparti, utilizza la tensione emotiva per descrivere una società che soffoca l’emancipazione, specialmente se di mezzo c’è una ragazza (ma, più in generale, il discorso colpisce i giovani), con regole rigide davanti alle quali non c’è ragione, piagnisteo o supplica che tenga.

In questo modo, Sanal Kumar Sasidharah completa una mappatura dal forte impatto, che vede l’apprensione trasformarsi in tragedia, una buona percentuale di eventi intuibili in largo anticipo, comunque sia apparecchiati nel segno di un’ansia sfibrante, e alcune invenzioni visive di tenore dinamico, che permettono di prospettare un futuro internazionale per il regista.

Incalzante e minaccioso.

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