Regia di Dmitry Mamuliya vedi scheda film
VENEZIA 76 - ORIZZONTI Identificarsi in qualcun altro per acquisire una più valida ragion d'essere, non implica necessariamente il desiderio di diventare un emblema di positività ed eroismo assoluti. In questo caso poi, succede esattamente il contrario. Ad un riservato giovane ingegnere, impiegato presso una vecchia industria di trasformazione di detriti pietrosi nei dintorni di una cava in cima di un monte, capita di assistere accidentalmente all'uccisione di un uomo.
Una vera e propria esecuzione alle porte di Tbilisi, presso una arteria stradale che attraversa una vasta e suggestiva area rurale dedita alla pastorizia, ai danni di un personaggio eccellente: il giovane portiere della nazionale di calcio georgiana, ferito a morte a seguito di tre proiettili sparati a bruciapelo nel petto. Sconvolto ed insieme affascinato dal fatto, l'uomo, anziché informare la polizia, si impegnerà così a fondo a ricostruire le dinamiche del turpe episodio, da finire per identificarsi prima in un sicario senza nome intento ad eseguire con professionalità navigata la sua prossima missione di morte, poi nel vero esecutore della sentenza di morte ai danni del celebre sportivo.
Arrivando ad accentrare sulla sua figura i sospetti della polizia, fino a scagionari i veri responsabili. Per la regia solenne e riflessiva del georgiano cinquantenne Dmitry Mamuliya, The criminal man è un noir sui generis che predilige sondare le più intrinseche sfaccettature dell'animo turbato e complesso del nostro solitario ingegnere (non il solo della propria famiglia, tra l'altro, a soffrire di turbe psichiche allarmanti) affascinato dal potere discriminante dell'essere armato per poter decidere in una frazione il destino di chi sta dalla parte sbagliata dell'arma che egli impugna, piuttosto che liberarsi in una trama più classica ed trascinante.
Lo coadiuva, in questa rigorosa scelta anticommerciale, in grado di rendere magiche le atmosfere rarefatte e solenni di cui si giova la lunga vicenda, un paesaggio sconfinato e mozzafiato grazie alla infinita desolazione degli spazi aperti, a cui si alternano, con efficace divario, cime montane austere ed ostili, solcate da funicolari bolse e fatiscenti che sovrastano ruderi di fabbriche non meno obsolete e spettrali. Un film amaro che studia l'evoluzione del percorso della follia e della maniacalita' dell'essere umano, e che si prende i suoi tempi per maturare le decisioni di una scelta determinata e autolesionista: quella che si dimostra la più appagante soluzione verso cui potersi aggrappare per far propria una pur turpe e malsana ragion d'essere. La sola in grado di cancellare un anonimato svilente protratto ormai per troppo tempo, allontanato da se stesso attraverso grida lancinanti che il nostro uomo rivolge verso quel verde collinare infinito, spettrale e magnifico in cui egli finisce per perdersi allo scopo di ritrovarsi. .
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