Regia di Chiara Campara vedi scheda film
SGUARDI ALTROVE FILM FESTIVAL NR. 27
"Che poi l'amore… io non so nemmeno cos'è l'amore… non so più nemmeno se ho ancora un cuore!"
Yuri ha trent'anni, e si trova, senza mai averlo scelto con convinzione, a portare avanti l'azienda agricola del padre, occupata in particolare a gestire una mandria di mucche da latte, dai pascoli fino alla stalla.
Un lavoro duro, solitario, sfiancante, per una delle ultime aziende del luogo ancora disposte, pur traballando, ad andare avanti.
Il ragazzo non ha mai avuto una storia sentimentale come si deve, e l'attaccamento, ricambiato almeno a tratti, nei confronti di una bella lap-dancer di un bar per soli uomini, induce Yuri a guardare oltre la tradizione e la responsabilità familiare, accettando il lavoro da muratore da parte del cugino, capo impresa, e sognando di andare a vivere in città con uno stipendio fisso, un nuovo appartamento, e la donna con cui costruirsi una vita fuori dal grigiore di una quotidianità che si rivela, a tutti gli effetti, demotivante e senza futuro.
Lessons of love ha come epicentro una campagna ormai quasi abbandonata a se stessa, ove l'industrializzazione ha da tempo portato via la manodopera e fatto scomparire le antiche tradizioni tramandate, fino alla generazione precedente, di padre in figlio con una costanza e una perseveranza quasi eroiche.
Ecco allora che il protagonista trova la forza di rifiutarsi di agire per partito preso, e la crisi esistenziale che lo coglie, alimentata dal cruccio amoroso per una ragazza che egli ritiene di non riuscire a gestire, da umile contadino relegato a pascolare, lo spinge quanto meno a provare ad azzardare un tentativo di cambiamento, giusto almeno per avere una conferma che il proprio destino appare segnato come le premesse suggerivano.
E' interessante lo stile realistico, genuino sino a rivelarsi disarmante, quasi documentaristico con cui la regista Chiara Campara, che si circonda di un cast di attori che paiono realmente estrapolati da simili contesti, ci rende esplicito un disagio giovanile in grado di rimettere in discussione dogmi altrimenti mai contraddetti o sviati.
Ed è encomiabile la capacità della regista di legarsi ai luoghi, a quei terreni ormai lasciati a loro stessi, sempre più sfiorati d quella industrializzazione che, ahimè, brilla di luci spesso sfalsate o non coerenti con i giovamenti che è in grado di procurare a chi vi ci si è lasciato sedurre.
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