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Se c'è un aldilà sono fottuto. Vita e cinema di Claudio Caligari

Regia di Simone Isola, Fausto Trombetta vedi scheda film

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La recensione su Se c'è un aldilà sono fottuto. Vita e cinema di Claudio Caligari

di Andreotti_Ciro
8 stelle

Cesare, Ciopper, Vittorio, Remo, Maurizio e il Rozzo personaggi di appena tre pellicole divise da circa venti anni l’una dall’altra e spalmate su un totale di quattro decadi, ma comunque capaci di trasformare un mite piemontese, della provincia di Novara, in uno dei registi di culto del cinema di casa nostra.

 

 

Nelle mani di Simona Isola e Fausto Trombetta, Claudio Caligari si trasforma nel protagonista volontario di un docu - film girato nel back stage del suo ultimo lavoro, Non essere cattivo, lungometraggio presentato alla mostra del cinema di Venezia nel 2015. trasformandolo nel tributo destinato a un regista prolifico d’idee ma carente di lavori. Ppartito dalla natia Arona perché rapito dalla visione del cinema degli anni ‘50 e ‘60 e che dopo aver introiettato centinaia di film d’essai nella vicina Milano, decise di lasciare a sorpresa la casa dei genitori per tentare la carriera nel cinema, il tutto senza logica e aiuti esterni. Curiosamente non passando dalla porta della commedia o dei film di facile successo, ma rifacendosi al neorealismo di Rossellini e al cinema di Pasolini, al punto di decidere di narrare prima come documentarista e poi come regista “le spade” di Nova Ostia, ovvero la piazza di spaccio più grande della capitale, diventando sia un regista in rampa di lancio ma anche un personaggio da isolare, perché incapace di vendersi per troppa intransigenza e per temi trattati in maniera molto, anzi troppo brutale. L’io narrante è quello di Valerio Mastandrea, fra i pochi che non solo possono fregiarsi di averlo conosciuto sul set ma anche intimamente. E qui presente nella duplice veste di attore, protagonista della pellicola di fine ‘90 l’Odore della Notte, ma anche produttore di quella che diventerà il suo canto del cigno. Perché è vero che la pellicola si apre con un Caligari alle prese con i classici problemi che affliggono i registi. Fra un sopralluogo a un set sul lungo mare di Ostia, fra una chiacchiera con il cast e le riprese. Ma è anche vero che la flebile voce con la quale il registaparla è quella di un uomo minato nel corpo da uno stato di salute molto precario, che lo porterà a scomparire a nemmeno 70 anni, stroncato da una malattia lunga e spietatae che gli impedì di vedere la sua terza pellicola osannata a Venezia e le sue numerose sceneggiature già pronte per essere rifiutate da altrettanti finti amici.

 

 

A documentario finito si respira la commozione di chi ha conosciuto Caligari. Mentre i titoli di coda colpiscono al centro dello stomaco esattamente come il suo cinema, in un momento in cui nessuno vorrebbe abbandonarne il ricordo.

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