La quindicenne Milla, adolescente gravemente malata di cancro, si innamora di Moses, dando vita al peggiore degli incubi per i suoi genitori, che comunque ne hanno già di loro. Di incubi. Si perchè la madre è attaccata allo
Zoloft e allo
Xanax da cui dipende e alterna come i giorni a targhe dispari, mentre il padre si fa di morfina pur essendo uno psichiatra. Moses, dicevamo, la causa degli incubi genitoriali, è invece uno spacciatore con la pettinatura a coda di topo, inciso di tatuaggi facciali e corporei come timbri del servizio postale che, eventualmente potrebbe, senza riporvi attenzione, attaccarti la rogna.
Inaspettatamente però, il sentimento risveglia una matissiana
joie de vivre della ragazza, mostrando come quello che sembra il peggiore dei mali sia in realtà un modo per riportare gioia e armonia in mezzo al caos della vita.
La sceneggiatura di Rita Kalneajas, che viene messa in vita dagli ottimi attori come Ben Mendelsohn e Liza Sanlen, deriva da un testo teatrale, ripreso e dovuto alla morte di un amico di 20 anni della sceneggiatrice, quindi determinato da un'esperienza vissuta direttamente sulla pelle e candidamente autentica.
I personaggi creati sono davvero simpatici, nonostante le loro difficoltà. Ne abbiamo parlato molto prima - per costruirli - racconta la regista - scoprendo l'acqua calda che nel
dolore che tocca vette profondissime, si nasconde spesso ironia e comicità. Quindi ne esce un'opera doppia, che mescola una dualità di
humor e dramma, interrelandoli al naturalistico e vero, finzione e realtà tra teatro e cinema.
Questa scelta stilistica genera un'atmosfera assurda, alla Beckett, dove nulla è lasciato al caso, racconta la regista: "testi, sottotesti, musica e cosiddette rotture della quarta parete mi hanno permesso di spostarmi e di muovermi con lo stesso ritmo frenetico di Milla. Nell'innamorarsi di Moses, Milla coglie l'opportunità di testare i propri limiti portandoli all'estremo" . Ogni personaggio viene spogliato delle proprie sovrastrutture e portato alla sua forma più grezza, nuda. Mi auguro che il pubblico capisca a pieno tutto.
La sofisticata selezione musicale si snocciola in commoventi cori di bambini con voci bianche, in momenti
dance come
For Real di
Mallrat, in Sinfonie di
Mozart come la numero 25, in congiunzioni tribali come in
Meh way dei
Sudan Archives, o surreali come
Experience di
Angèle Dubeau & La pietà Giorni dispari o
Diamond di
Day Vashti Bunyano o
Bizness di
Tune-yards.
Essa viene spesso interrotta bruscamente come una sorpresa inaspettata (se stoppi l'intellettualizzazione subito dopo ottieni un effetto più potente) volta a creare un maggiore impatto successivo, sia emotivo che di risveglio o presa di consapevolezza sulla realtà, dato che, nei quattro protagonisti viene obnubilata, per vie e motivi diversi dall'uso di farmaci, droghe, morfina e chemioterapia.
E' anche un film sulle
finest virtues of Australia, ironizzano gli attori, ma poi seriamente dicono che in Australia vigono le pari opportunità, in quanto regista, sceneggiatrice e produttrice sono donne, e lo precisano, date le polemiche recenti della presidentessa di giuria.
Genders matters in Australia, cioè il governo intelligente non solo da fondi e sostiene la cultura, ma anche li divide equamente tra uomini e donne, senza fare distinzioni di genere. Un sogno!
"Si può essere pagati dal governo per i progetti, così al 50% e 50 % tra uomini e donne". E siccome è donna anche la Champan, la produttrice del film che ha fatti molti altri di donne registe australiane, uno per tutti
The piano di Jane Campion, tutte queste donne diventano e sono una piacevole sorpresa per noi italiani. O forse solo un inconsistente miraggio. Parola di donna.
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