Regia di Ken Russell vedi scheda film
Stati di allucinazione" è una delle opere più estreme di Ken Russell: un viaggio lisergico ai confini della mente umana, attraverso la figura dello scienziato Eddie Jessup, a sua volta ispirata a quella reale del ricercatore e psichiatra americano John Lilly.
Lilly è conosciuto soprattutto per aver ideato l'esperimento: “Development of the sensory deprivation tank”. Tale pratica consisteva nell'immergere un soggetto in una vasca buia, insonorizzata e riempita con acqua satura di sale solfato di magnesio, mantenuta in stato di isotermia al fine di favorire l'eliminazione della sensazione tattile. Attraverso la preclusione di qualsiasi tipo di percezione sensoriale, lo scopo era quello di far lavorare il cervello in assenza totale di stimoli esterni e, in questo modo, verificare fin dove questo riuscisse a spingersi. Gli effetti erano quelli di un estremo rilassamento prima, e di un profondo stato onirico poi, durante il quale potevano manifestarsi vere e proprie allucinazioni.
Ma "Altered states" non è solo un film sensazionale ed effettistico: con esso Russell arriva a toccare svariate e importanti tematiche. Quella che, dalle prime battute del lungometraggio, emerge immediatamente, riguarda il crollo della fede religiosa da parte del protagonista, originato dall'evento luttuoso della morte del padre; dopo il primo rapporto sessuale con colei che diverrà la sua futura moglie, Eddie confiderà a quest'ultima che quando era bambino aveva visioni di santi, angeli e Gesù, ma che dalla scoperta della vita come sofferenza, in seguito alla scomparsa prematura del genitore, ha smesso di credere in Dio.
Questo crollo erompe prepotentemente dal suo inconscio durante le esperienze allucinate, cristallizzandosi in una palese simbologia biblica dissacrantemente ribaltata: dalla caduta della bibbia alla fiamma sulla sacra sindone; dal cristo crocefisso e dall'agnus Dei mostrificato allo sgozzamento dello stesso agnello il cui sangue si riversa sulle Sacre Scritture.
Di qui il passo successivo è quello d’una rappresentazione integralmente antireligiosa della vita, la quale però non importa una sostituzione di Dio con l'uomo scientista onnipotente, che anela a possedere la verità ultima di tutte le cose; bensì un'accettazione della realtà nella sua finitezza e intrinseca insensatezza, che tuttavia trova la sua ragion d'essere, nell'ambito delle dinamiche interpersonali, in un darsi/donarsi vicendevole lungi da qualsivoglia percorso solitario che nega la presenza dell'altro. All'iconografia cristiana s'intrecciano, infatti, le problematiche legate al rapporto di coppia, compromesso dalla Hýbris (letteralmente "tracotanza", "eccesso" "superbia", "orgoglio" o "prevaricazione") dello scienziato. Nel quadro dello sviluppo e del successivo deterioramento della relazione tra i due protagonisti, si passa così dall'immagine di lui trasfigurata in angelo (nella circonfusione di una candida luce bianca) a inizio film, a quella successiva diametralmente opposta, sia metaforicamente che scenicamente (quando Eddie appare illuminato, l'inquadratura si sofferma su di lui che entra nella casa della sua futura moglie dalla porta principale; invece nel momento dell'oscuramento, congegnato come un ideale –e differito- controcampo, questi si trova di fronte alla porta d'ingresso e in fondo al corridoio), dello stesso con la figura completamente eclissata: in altre parole, dalla bellezza degli "albori" della storia d'amore all'obnubilamento ottuso riveniente (anche) dalla ostinata perseveranza scientista.
Alla perdita di questa bellezza da parte dei due amanti si riconduce inoltre il tema del sesso, evidenziato da un altro apparato simbolico di matrice biblica. Nella seconda sequenza "allucinata" viene rappresentata la cacciata dall'eden di entrambi i coniugi, i quali si allontanano dal giardino vestiti con due abiti color porpora: segno della perdita del paradiso terrestre come conseguenza del degrado nella carnalità: la candida purezza di un rapporto angelicato, che viene irrecuperabilmente smarrita nella contaminazione col sesso. Quest'ultimo punto è sottolineato pure dalle visioni di Eddie in stato di alterazione, nelle quali gli atti copulativi tra lui e la moglie sono intervallate dai flash della testa mostruosa di Satana. Il rapporto coniugale è, però, messo a rischio soprattutto dall'ottenebramento nella scienza ("ama soltanto la verità da raggiungere con la scienza", "il raggiungimento di Dio", "la verità assoluta" dirà a un certo punto la moglie). E infatti Eddie si dedica anima e corpo all'esperimento della "vasca di deprivazione sensoriale" attraverso la quale, e insieme all'ausilio di droghe allucinogene, mira a risalire, in virtù di una serie di trip esplorativi, nel passato proprio e non solo, al "Sé originario", alla "prima anima".
Ma durante siffatte esperienze lisergiche, egli scopre che è possibile il raggiungimento dell'Io primevo non soltanto al livello del subconscio ma anche materialmente (dopo un'immersione, durante la quale racconta di trovarsi tra proto-uomini, di sentirsi uno di loro e di ritrovarsi intento a cacciare un animale, viene tratto dalla vasca in stato di shock afasico e con la bocca sporca di sangue; e durante un successivo esperimento in solitario giunge fino a tramutarsi in scimmia antropomorfa); e che la regressione non si ferma soltanto allo stadio primitivo della specie, ma si spinge financo alle origini dell'universo, conducendolo addirittura a un'incipiente trasformazione in materia ancestrale dell'epoca del Big bang.
Il segreto dell'origine di tutto sarebbe, dunque, racchiuso in noi: il che equivarrebbe a dire, portando ad esiti estremi la teoria del filosofo Ernst Haeckel, che ontogenesi, filogenesi e cosmogenesi sono l'una il riflesso delle altre. Ma cosa c'è prima dell'inizio di tutto? "Un terribile nulla". E' questa l'angosciante scoperta cui perviene lo scienziato: un nulla che ci precede e ci segue, come anticipano pure le ultime parole del padre nel momento antecedente la sua morte ("è terribile"); nonchè una delle prime visioni allucinate di Eddie che richiama manifestamente l'espressione biblica "polvere sei e polvere tornerai", e nella quale si vede lui, disteso al suolo in atteggiamento meditabondo (segno dell'uomo che cerca di comprendere e razionalizzare la realtà), e lei, in posizione di sfinge (emblema dell'insondabilità della donna e, in senso più in generale, della vita stessa), dapprima pietrificarsi e poi dissolversi al vento.
La conclusione della tribolata esperienza del protagonista sta, in definitiva, nella presa di coscienza secondo la quale "la verità assoluta di tutte le cose è che non esiste una verità assoluta"; "la verità è ciò che è transitorio": "la vita umana", "la realtà".
Tra il nulla dell'inizio e il nulla della fine c'è l'esistenza labile e di per sé priva di scopo, e l'unico mezzo per renderla sopportabile e in qualche modo "sensata" è, secondo il chiaro e il fin troppo diretto messaggio finale, l'amore. Nel caso in questione l'amore di coppia: sarà infatti dapprima la moglie a salvare Eddie dall'oblio del nulla e, in un secondo momento, sarà quest'ultimo a battersi perché lei non venga risucchiata nel vuoto del pre-natale, o meglio del pre-concepimento.
Fintanto che lo scienziato è integralmente assorto nello studio e nella pratica del suo esperimento, l'effetto sulla relazione con la moglie è un declino quasi irreversibile; soltanto allorquando quest'ultima "irromperà" nella dimensione allucinata del marito, condividendo le sue sensazioni e il suo malessere, s'intraprenderà –seppure conflittualmente - la strada della riconciliazione. In altre parole, è il sostegno reciproco a mantenere in vita il rapporto: la compartecipazione e non l'esclusivismo. Sotto quest'ultimo aspetto, potrebbero ravvisarsi delle analogie con la tematica uomo-donna enucleata da Kubrick in "Eyes wide shut" e presente soltanto latentemente in "2001: Odissea nello spazio". Così come in "Altered States" il percorso doloroso del protagonista si conclude nella riconciliazione con la moglie, allo stesso modo la travagliata esperienza, tra sogno e realtà, vissuta da Bill/Cruise sfocia in un nostos verso la dolce meta/metà (Alice/Kidman), la cui espressione finale suggella (semplicisticamente) l'imprescindibilità, tanto nel dolore quanto nella salvazione, dell'unione tra maschile e femmineo.
Pensiero, peraltro, già anticipato nella celeberrima pellicola del '68, dove il viaggio nell'iperspazio dell'uomo/Bow-man, a cui è riservato il segreto dell'evoluzione verso l'infinito, termina con l'immagine dello star-child chiuso nella placenta, mentre alle sue spalle si staglia la Terra quale simbolo del ventre materno che segna il punto terminale (e nel contempo iniziale) dell'odisseico peregrinare.
Anche il modo in cui il regista americano propone in chiave biblica i due protagonisti (lei, moderna Eva, che confessa a lui, un ingenuo Adamo borghese, il peccato delle proprie fantasie erotiche) si porrebbe in ideale sintonia con la prospettiva "russelliana", nella quale il tema della "colpa originale" viene reso esplicito attraverso una delle allucinazioni regressive del dottor Jessup.
Le analogie con Kubrick, tuttavia, finiscono qui. Azzardando un'altra comparazione, infatti, l'ultimo trip psichedelico del film si pone agli antipodi rispetto a quello –più noto- di "2001: Odissea nello spazio": la differenza tra le due opere, a livello sia formale che sostanziale, risiederebbe nella dinamica stessa del viaggio: un progredire verso l'oltre-uomo "nietzschiano" in uno, un arretrare fino alla bestialità (e poi al nulla) primordiale nell'altro, secondo due antinomiche visioni che, da una parte, proiettano il soggetto in una dimensione di superiorità e nel contempo di salvezza, e dall'altra lo rigettano in un "primitivismo" quale elemento connaturato e, per ciò stesso, insuperabile.
In questo senso, il viaggio concepito dal regista britannico si porrebbe concettualmente come formula "anti-kubrickiana" tesa a disvelare non un avanzamento verso uno status antropocentrico pienamente progredito e civilizzato, ma una condizione esistenziale fortemente conflittuale tanto nello scontro insanabile tra ragione e istinti primevi quanto nella relazione uomo-donna.
Sotto il profilo formale, la pellicola in questione conserva ancora oggi un fascino visionario notevolissimo. Tutte le sequenze relative alle allucinazioni sono ottimamente congegnate e rendono benissimo l'idea di una progressiva regressione del soggetto dal suo inconscio alle origini che trascendono il sé: dalle angosce per la perdita della fede e dell'armonia coniugale, al travalicamento della soglia della propria contingente vita verso le remote "regioni dell'essere", giungendo così fino all'ultima psichedelica scena: una serie suggestiva di esplosioni che procedono a ritroso per pervenire -nel parallelismo tra il pulsare del battito cardiaco umano e il momento immediatamente precedente il Big bang- alla deflagrazione primordiale: immagine subito seguita da quella delle mani della donna che si protendono verso il protagonista fino a raccoglierne il capo, per sottrarlo al vuoto assoluto che sta prima dell'origine di tutto. A sottolineare, per l'ultima volta, come, nel nulla che ci circonda, l'unica potenziale maniera per non sentirci alla deriva risiede nella condivisione –sia nel bene che nel male- delle proprie esperienze esistenziali.
Peccato però che Russell (così come Kubrick), optando per una riconciliazione di comodo con cui far terminare il suo film, si mostri incapace di deviare dalla prospettiva del solito abusato, estenuato, fallito e marcescente amore d’una qualsiasi coppietta di sposini.
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