Regia di Eric Rohmer vedi scheda film
Nei film di Rohmer (e non mi succede così di frequente con quelli di altri autori) mi capita spesso di provare immediata antipatia per i personaggi. Anche in Racconto d'autunno ho provato la medesima sensazione, anche se, tuttavia, questa volta l'avversione è scemata con lo scorrere del film. L'innegabile verbosità dei film rohmeriani è presente anche in questa sua opera, ma stavolta la fitta rete di dialoghi si scioglie in una serie di rivoli armonici che concorrono tutti a delineare i contorni della doppia macchinazione ordita da due donne, l'una all'insaputa dell'altra, per trovare un compagno alla viticultrice Magali (e lo dice uno che con Rohmer non è mai stato tenero).
Oltre a questo, il balletto dei personaggi non sembra qui vuoto e fine soltanto a soddisfare i giochi intellettualistici del regista, ma, pur assumendo un tono diverso da quello che potrebbe suggerire il titolo (una storia crepuscolare di addio alla giovinezza...), è attraversato da un'inquietudine sottile, suggerita soprattutto dalla persona che apparentemente è quella più equilibrata, cioè Isabelle. Quest'ultima, che dichiara più volte di essere felicemente sposata da ventiquattro anni e di amare da altrettanto il marito, si vede spesso con lo sguardo assorto e trasognato, come se stesse fantasticando della possibilità di una vita parallela e la si vede altrettanto spesso inquadrata, o meglio incorniciata, tra gli stipiti di una finestra, di una porta o di uno specchio, come se anelasse a una via di fuga, ma fosse inesorabilmente inquadrata in uno schema prestabilito, dal quale è impossibile allontanarsi. È significativa l'ultima sequenza, nella quale Isabelle cambia espressione e pur abbracciata al marito, con il quale sta ballando, nostra un'espressione del volto persa nel vuoto.
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