Regia di Craig Brewer vedi scheda film
Oggi recensiamo lo scoppiettante Dolemite Is My Name diretto da Craig Brewer (Footloose) e interpretato da uno strepitoso, debordante Eddie Murphy. Tornato alla grandissima dopo anni d’oblio recitativo e di appannamento attoriale.
Un Eddie Murphy ai suoi massimi storici che, da imbattibile trascinatore entusiasmante, s’incarna sorprendentemente nell’’iper-carismatico protagonista di questa piccola perla targata Netflix e scritta dal prestigioso duo formato da Scott Alexander e Larry Karaszewski, già writers di pellicole di culto come Larry Flint e Man on the Moon di Milos Forman e di Ed Wood e Big Eyes di Tim Burton.
Che, per l’occasione, hanno allestito un divertissement mirabile, un godibile script ottimamente ritmato e orchestrato sapidamente dal regista Brewer.
Dolemite Is My Name è infatti un biopic che, nonostante la corposa e considerevole sua durata di un’ora e cinquantasette minuti, non annoia mai, anzi appassiona irresistibilmente dall’inizio alla fine, allietandoci nel romanzare, con piglio e scenografiche, suggestive ambientazioni, la vera e incredibile storia di Rudy Ray Moore (Murphy), fallito stand-up comedian di sgangherate e malfamate bettole, sedicente, simpaticissimo artista con manie di grandezza che, non essendo mai riuscito ad agguantare il successo da lui fortemente bramato, disperatamente agognato ma mai davvero concretizzatosi, inizialmente e a malincuore, s’accontentò di svolgere il modesto lavoretto di vicedirettore d’un negozio di dischi.
Una sera però incontrò per caso un barbone che, in preda ai suoi squinternati deliri da povero disgraziato, recitò ad alta voce delle volgari filastrocche esilaranti e dissacranti.
Cosicché, Rudy, gli prese genialmente in prestito l’involontaria “ispirazione”. Ovvero, traendo spunto dalle spassosissime sconcezze fuoriuscite dalla bocca del barbone, perfino da lui denigrato e deriso, riciclò alcune sue “poesie” sboccate, riadattandole a misura del suo reinventarsi svergognatamente come scatologico comico d’avanspettacolo e cabaret.
Riscuotendo un immediato successo pazzesco.
Districandosi brillantemente e impavidamente, senz’alcuna paura del ridicolo, fra sempre più crescenti, remunerative intuizioni folcloristiche e, potremmo dire, follemente pop, Rudy tirò fuori dal cilindro perfino un’altra idea apparentemente demenziale che invece si sarebbe rivelata assolutamente vincente. Cioè diventare il fantomatico Dolemite, personaggio puramente inventato e partorito dalla millenaristica, scriteriata follia del barbone poc’anzi descrittovi.
Dolemite Is My Name parte in quinta, inanella all’istante tutta una serie di sketch così volgarmente, farsescamente eccessivi da farci ridere a crepapelle.
Sorreggendosi principalmente attraverso l’esplosiva verve d’un rigenerato e irrefrenabile Eddie Murphy già sicuro candidato ai prossimi Golden Globe come miglior attore di Comedy-Musical, la cui prova ha talmente folgorato ed eccitato la Critica americana che, addirittura, alcuni esperti di previsioni d’oltreoceano, lo inseriscono fra i possibili candidati all’Oscar.
Un grande colpo piazzato da Eddie.
Il quale, ripetiamolo, dopo essere stato un giovanissimo beniamino degli spettatori d’ogni età degli anni ottanta, grazie alle sue magistrali, indimenticabili prove istrioniche in film oramai storici come Beverly Hills Cop, Una poltrona per due e 48 ore, era oramai da tempo immemorabile che arrancava in film, se non del tutto sbagliati o pienamente brutti, perlomeno irrisolti e trascurabili.
Il film segna anche un altro grande ritorno, vale a dire quello di Wesley Snipes nella parte di D’Urville Martin, piccola icona nera della blaxploitation dei seventies. Che si vantò sino allo sfinimento di aver avuto un semi-invisibile ruolo da comparsa in Rosemary’s Baby di Roman Polanski. Snipes lo tratteggia e connota con spiritosa destrezza, forgiandolo a immagine e somiglianza dei suoi modi virili e al contempo, talvolta, effeminati e azzimati.
Nel cast tutta una serie caratteristi-“cabarettisti” di prima scelta, Mike Epps, Craig Robinson, Snoop Dogg. Chris Rock, Barry Shabaka Henley.
Non vogliamo dilungarci oltremodo nell’esplicarvi per filo e per segno la trama, raccontandovene dettagliatamente ogni snodo poiché non desideriamo sciuparvi alcuna sorpresa.
Un film da non perdere! Tutto da gustare piacevolmente.
di Stefano Falotico
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