Regia di Giuseppe M. Gaudino vedi scheda film
I Gioia sono una famiglia di pescatori costretti a cambiare spesso abitazione a causa del bradisismo che non da pace agli abitanti di Pozzuoli. La famiglia è composta da sei persone : Salvatore (Aldo Bufi Landi), il padre, un uomo molto orgoglioso e assai attacato alla sua “roba” ; Filomena (Tina Femiano), una donna perennemente presa dalle sue suppliche alla Madonna del Carmine ; Assuntina (Vincenza Modica), l’unica figlia femmina, rimasta vedova troppo presto ; Carmine (che non appare mai), il primogenito, finito in carcere per una storia di contrabbando ; Tonino (Antonio Pannarella), orgoglioso e testardo come il padre e quindi in continuo conflitto con lui, è iscritto all’Università a Napoli e aiuta la famiglia come può ; Luigi (Luciano Zazzera), che decide di lasciare il duro lavoro di pescatore e fa domanda per entrare in fabbrica a Pomigliano ; Gennarino (Salvatore Grasso), l’ultimo della famiglia, già iniziato al duro lavoro tramandatogli dal padre, sogna di diventare un calciatore professionista.
E' una rappresentazione tragica del teatro della vita quella dei pescatori Gioia, una sorta di Malavoglia moderni immersi in una condizione esistenziale ammantata di tragico, avvinti come sono da un fatalismo che non concede tregue e da una religiosità “arcaica” concepita come l’unico strumento che si ha propria disposizione per riparare la famiglia dalle sciagure che si susseguono. Lacerati inoltre da un orgoglio che mette a dura prova gli affetti filiali. "Giro di lune tra terra e mare" di Giuseppe Gaudino è un bellissimo film ambientato in una terra ricca di storia e cultura (Pozzuoli, ma anche Baia e Cuma), con una cifra stilistica che non ha timore di presentarsi con tutte le sue pretese sperimentali, caratterizzata da un’atmosfera rarefatta sospesa tra verismo e stato ipnotico. Ci sono continui stacchi temporali che, creando un’alternanza continua tra una storia che ha tutti gli attributi del mito (il matricidio di Agrippina, interpretata da Angelica Ippolito, ad opera del figlio Nerone, l’assassinio di Artema, un martire cristiano, i vaticini della Sibilla Cumana) e la dura quotidianità del vivere il presente, con le due parti che spesso si incontrano per intrecciarsi un un'unica dimensione spazio temporale, danno al divenire storico il senso di un qualcosa che ritorna sempre allo stesso punto, come se il destino di quelle terre e dei suoi abitanti fosse necessariamente quello di accompagnarsi alla tragedia. Giuseppe Gaudino ha diretto soprattutto documentari e qui rimane presente tale impronta stilistica, sia per il modo in cui il film assume i caratteri tipici di un prezioso documento antropologico, che per l’utilizzo della voce narrante affidata a Gennarino. E’ lui che ci da conto delle vicende travagliate che capitano alla sua famiglia e di quelle che hanno visto protagonista la terra in cui è nato è cresciuto, è lui che ci proietta la sensazioni di trovarci di fronte a un teatro a cielo aperto, dove le tragedie del presente seguono il solco "atavico" tracciato dal mito. “Giro di lune tra terra e mare” è davvero un'opera pregevole, da promuovere in ogni modo, sia per i suoi contenuti narrativi che per l' evidente valore sperimentale.
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