Regia di Peter Weir vedi scheda film
Forse il migliore film di Peter Weir, regista australiano di talento in servizio attivo ad Hollywood che qui è servito da un ottimo copione di Andrew Niccol, una satira dei reality show spinti all'estremo che unisce spunti presi dagli universi distopici di George Orwell e Philip K. Dick. Un'operazione rischiosa che poteva naufragare facilmente nella caricatura, vista la sostanziale inverosimiglianza della trama, ma che invece si tramuta in un apologo appassionante sulla necessità di smantellare una realtà fittizia e di comodo e prendersi il rischio di vivere una vita reale. Mi è piaciuto in particolare l'aspetto drammatico che vede Truman come il tipico eroe moderno alla ricerca della propria identità e di un vero significato da dare alla propria vita: il finale tocca corde autentiche ed emozionanti nel confronto con Christof, creatore dello show, nonostante una certa prevedibilità dello sviluppo drammaturgico della storia. Bravissimo Jim Carrey in uno dei primi ruoli che dimostro' l'ampiezza delle sue risorse espressive che sarebbe stato ingiusto confinare solo nel cinema comico; Ed Harris si è meritato una nomination all'Oscar per il ruolo di Christof, ma sono molto brave anche Laura Linney e Natascha McElhone nei ruoli femminili principali, quello della moglie "finta" e del vero amore di Truman. Decisamente più originale e riuscito nelle sue unghiate satiriche rispetto alla retorica del pur mitico "L'attimo fuggente", attesta la maturità registica e la statura autoriale di Weir e rimane un piccolo cult degli anni Novanta.
Voto 9/10
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