Regia di Peter Weir vedi scheda film
https://www.youtube.com/watch?v=hjvspeLgeww
Alzi la mano chi non sarebbe disposto a rinunciare alla propria libertà, a sottoporsi ad un’innocua, anzi confortevole (quasi idilliaca) carcerazione pur di diventare una star planetaria.
Alzi la mano, però, chi sarebbe disposto a farlo senza poter beneficiare dei vantaggi dell’essere strafamosi. O, peggio ancora, senza averne contezza alcuna (del proprio status di celebrità, nonché di quello di prigioniero mediatico).
Ecco spiegata, quindi, la scelta di Truman rispetto all’offerta di Cristof. Certo, rimarrebbero molti invidiabili confort (un lavoro sicuro, una bella casa, un miglior amico sempre presente e una famiglia perfetta), ma - al di là dell’aspetto a dir poco terrificante di tale perfezione - si manifesterebbero comunque, alla lunga, i sintomi delle più profonde aspirazioni umane, fino a - contro ogni ostinata anestetizzazione o negazione - prendere il sopravvento.
Il che porterebbe, però, a percepire la realtà circostante come mera apparenza: giusto un velo (il Velo di Maya per Schopenhauer) da squarciare (al limite - ma non necessariamente - col dritto di prora di una barca a vela) per rivelare l’autentica natura delle cose (il noumeno per Kant), sì da potersi riconciliare con i propri incolpevoli impulsi vitali.
Questo è The Trumn Show: una straordinaria dimostrazione drammatica (altro che commedia; la commedia è solo di facciata, come i continui sorrisi dei finti abitanti di Seaheaven: GIANNISV66) della forza schiacciante della Verità (di cui è portatore Truman cioè - l’unico - true man = uomo vero) sulla Finzione (ma attenzione: solo quella creata ad arte da un altro uomo, Cristof: interprete - rectius, reincarnazione - di un dio creatore e padre).
Una finzione, peraltro, al servizio di interessi economici (dei produttori e degli sponsor) e quindi doppiamente meritevole di essere bannata dai palinsesti televisivi (nella consapevolezza, tuttavia, che ciò non basterà a guarire l’umanità, se si pensa alle sconcertanti reazioni di alcuni “affezionati” telespettatori dello show alla scelta di Truman).
Dunque un film eccezionale sotto tutti i punti di vista. Per la brillante sceneggiatura di A.Niccol (profeta della moda - e del successo - dei realities), per l’impeccabile regia di P.Weir (d’altronde alle sue telecamere si affiancano quelle di Cristof di modo che nulla di potenzialmente idoneo a suscitare un’emozione nel telespettatore possa sfuggire loro), per l’ammaliante colonna sonora di P.Glass (che azzecca anche la scelta della Sonata per Piano n°11 in La maggiore K331 - Rondò alla turca - di Mozart per descrivere l’irritante perfezione di Trumania, della galassia di Burbank), per la splendida fotografia di P.Biziou (Oscar alla miglior fotografia per Mississippi Burning) e, ovviamente, per la recitazione sopra le righe di J.Carrey e quella discreta, ma carismatica di E.Harris.
Aderisco quindi anch’io alla teoria per cui Hollywood (quella degli Oscar, però, non quella dei Golden Globe) non sempre premia i più meritevoli (scandoniano).
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