Regia di Peter Weir vedi scheda film
Apologo fantarealistico (a cavallo fra realtà e fantascienza) sulla devastante presenza della televisione nelle vite umane alle soglie del terzo millennio. Carrey è un protagonista ottimo, ma la storia presenta tutta una serie di evidenti falle logiche che, nonostante l'oltranzista didascalismo registico e narrativo, abbassano di molto la portata del lavoro. Per non lasciare nulla di non detto: una stupidaggine su tutte, il fatto che decine di migliaia di persone vivano recitando 24 ore su 24 per tutta la loro vita. Ma pur accettando la storia per quella che è, poichè è palese il riferimento concreto alla contemporanea società e alla sua dipendenza da media e tecnologia, rimane di fatto un impianto deboluccio a reggere una storia dalle vastissime potenzialità. Fra le quali, da non sottovalutare, c'è l'idea dell'uomo 'creatore' che si sostituisce a dio, sfruttata velocemente nel finale, quando Truman dialoga con il regista.
Un uomo sulla trentina, sposato e con un posto da impiegato, è nato, cresciuto e sempre vissuto sotto le telecamere, a sua insaputa. E' il protagonista di uno show di fama mondiale e tutti coloro che sono attorno a lui sono attori, a partire dalla moglie. Ma l'uomo comincia a nutrire dubbi e a cercare falle nel sistema.
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