Regia di Peter Weir vedi scheda film
Un caso su cui si dibattè molto, un'allegoria che in realtà anticipava molte cose che sarebbero venute(ma ancor più drammaticamente lo aveva preceduto "La morte in diretta" di Tavernier), l'essere umano sotto lo sguardo registrante delle telecamere e tutta la vita condizionata dalla televisione:"The Truman Show" fu tutto questo, un campione di incassi mondiale, e un momento alto sia della carriera di Jim Carrey che di quella di Peter Weir. Il dramma della vita di Truman è che la sua è una non-vita:tutta una finzione ordita da un regista ambiziosissimo,folle, potente, che si è arrogato la possibilità di prendere un bambino e collocarlo in una località finta, con persone che recitano una parte, perfino farlo sposare quando sia cresciuto, e mandare avanti la manfrina, seguita sui canali tv di tutto il mondo, per trent'anni, con la benedizione degli sponsor e dell'audience. Basato su un'utopia all'incontrario, il film di Weir possiede una forza a tutt'oggi notevole di apologo su una società che ambisce a raccontarsi sensibile ai buoni sentimenti in una chiave del tutto edificante mentre contemporaneamente rafforza la propria natura opposta, impietosa e lontana dall'essere "a misura d'uomo". Jim Carrey è un protagonista azzeccatissimo nel dipingere la monotona positività di Truman, che via via accorgendosi di di cose che non quadrano, ed aiutato da un'attrice ribelle si metterà sulla strada della verità e tenterà una lotta epica contro un Potere che non intende farlo uscire dal redditizio guscio,ampio quanto si vuole ma sempre infine restrittivo, per affrontare la realtà. Dotato di un'ironia grintosa, il film lo dimostra una volta di più nell'ultima scena, in cui i telespettatori,dopo aver già assorbito la fine del trentennale reality che li teneva avvinti allo schermo passano bruscamente ad altro.
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