Regia di Peter Weir vedi scheda film
Film iconico e rivoluzionario che mette noi spettatori (consumatori) di fronte allo specchio e pone un interrogativo: meglio una vita reale in un mondo finto o una vita finta in un mondo ideale?
“Siamo veramente stanchi di vedere attori che ci danno false emozioni, esauriti da spettacoli pirotecnici ed effetti speciali. Anche se il mondo in cui si muove è, in effetti, per certi versi fittizio, simulato, non troverete nulla in Truman che non sia veritiero. Non c’è copione, non esistono gobbi; non sarà sempre Shakespeare ma è autentico. È la sua vita. . .”. (Christof - Ed Harris)
È questa voglia di novità, di salire un gradino più in alto, di togliere(?) il filtro della finzione, che porta il vento in poppa alla neonata flotta dei reality show sul finire degli anni 90.
Scrutando l’orizzonte degli eventi, a metà della stessa decade, Andrew Niccol stila la sceneggiatura che verrà poi affidata alle sapienti mani di un grande regista che ha sempre saputo valorizzare il materiale affidatogli: l’australiano Peter Weir, che sfodera una regia delicata e complessa allo stesso tempo, complessità dovuta dal fatto che il punto di vista reso allo spettatore si alterna tra la sua macchina da presa e le migliaia di telecamere incastonate nell’artificiale e imponente studio cinematografico che racchiude l’intero mondo (e universo, con tanto di sole, luna, stelle e cataclismi meteorologici) in cui si svolge lo show, l’intera vita (ripresa sin dalla nascita) di un essere umano concepito ma indesiderato, e per questo adottato da un network che farà di lui la star “di uno show televisivo che dà speranza, gioie ed esalta milioni di persone” (sempre lui, Christof).
La location è appunto Seahaven Island, un luogo idilliaco in mezzo al “mare”, dove il piccolo Truman Burbank muoverà i primi passi, a cui cadranno i primi dentini, andrà a scuola, stringerà le sue amicizie, si innamorerà al college per poi sposare chi non ha davvero amato, vedrà morire suo padre annegato. . .tutto in rigorosa diretta televisiva mondiale 24h/24.
Tutto ciò che lo circonda (dai vestiti, agli arredi, alle case finanche) nel mondo reale è merchandising, tutti coloro che lo circondano (da sua mamma al suo migliore amico) sono soltanto attori, tutto ciò che tocca e osserva è un mastodontico bluff.
Vari dettagli rendono la pellicola una sorta di riflessione filosofica sull’esistenza; prendiamo i nomi ad esempio: Truman (vero uomo, l’unico in realtà), Christof (il creatore e autore del destino degli eventi), Seahaven (un’isola paradiso).
L’enorme gestione e conduzione dello show che durerà, almeno nei piani del network, vita natural durante del protagonista, si confronta negli anni con la sempre crescente difficoltà di trattenere Truman sull’isola, e gli espedienti sono tragicomici (tragici come l’annegamento del padre; comici come i poster, all’interno di un’agenzia di viaggi, che mettono in guardia contro gli attacchi terroristici e i disastri aerei. . .davvero esilaranti).
Riuscirà l’istinto umano a fiutare l’ambiguità e l’artificiosità di ciò che lo circonda? O l’uomo semplicemente accetta la realtà del mondo così come gli viene presentata?
Il film intrattiene con scelte geniali, come gli spot inseriti tra le quotidiane conversazioni familiari, la “recitazione” non sempre perfetta degli “attori” quando vengono presi alla sprovvista da Truman o quando da lui messi sotto pressione (voglio citare a tal proposito la tenerezza del conducente del bus per “Chicago” dispiaciuto nel vedere Truman come un uccellino in gabbia), gli spettatori del programma sparsi in tutto il globo che fanno il tifo, scommettono e si aggrappano alla tendina della doccia.
Il film è un continuo crescendo, di ritmo, di tensione e di empatia nei confronti del povero e (fino a un certo punto) ignaro protagonista.
Se l’accusa al cannibalismo dei network (senza scrupoli pur di lucrare, per la fetta più grande di share e contratti pubblicitari milionari, sulle vite reali della gente comune spiattellate in tv o in prima pagina) è palesemente dichiarata, più velata è quella rivolta allo spettatore (più consumatore in realtà) così assuefatto da pretendere che il piatto dello show gli venga servito a qualunque costo, senza quesiti e dilemmi morali alcuni, consumato il quale, come un hamburger qualsiasi, si passa ad ingurgitarne un altro (vedasi scena finale).
“The Truman Show” è uno di quei titoli che assume a buon diritto un posto di rilievo nella storia della filmografia mondiale, sia per la qualità espressa che per il merito di aver percorso (tracciandone la strada) un territorio fino a quel momento inesplorato.
Jim Carrey interpreta Truman Burbank con delle peculiarità che solo a lui appartengono, facendone del personaggio qualcosa di molto personale. Purtroppo risente di ingiusti preconcetti da parte dell’Academy, perché la mancata nomination all’Oscar (in questa e in altre occasioni) è frutto solo di pregiudizio.
Meritatissima la nomination ad Ed Harris come miglior attore non protagonista, da un tocco di tale profondità al personaggio a tal punto da rappresentare uno dei punti di forza di tutto il film.
E poi come non citare la colonna sonora firmata da Philip Glass (a proposito, in una sequenza è proprio lui a suonare il piano nella sala tecnica dello studio del programma). . .la musica segue di pari passo le emozioni, lo smarrimento, le riflessioni di Truman Burbank (che bello il pezzo musicale di apertura con Jim Carrey che sproloquia davanti allo specchio).
Brava anche Laura Linney nella resa della moglie/attrice chiamata a gestire in prima persona la star dello show, una moglie la cui affabilità nei confronti del marito è pari a quella che mostra mentre sponsorizza una bella tazza di “Mococoa” (un momento imperdibile sono le sue “dimissioni” dal programma date praticamente in diretta).
Tutto il cast principale è contornato da una variegata truppa di caratteristi stavolta volutamente e giustamente macchiettisti.
“The Truman Show” è un film stratificato ma non troppo, diverte e commuove, stupisce e fa toccare (letteralmente) il cielo con un dito. . .è da vedere e rivedere, magari immersi in una vasca da bagno mentre si fa il tifo aggrappandosi alla tendina.
Finito il programma, cambiamo canale.
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