Regia di Claude Chabrol vedi scheda film
Catturato dalle maglie di una narrazione stratificata, labirintica e complessa – che piuttosto che ricostruire il passato definisce il futuro – il compiaciuto autodistruggersi di Betty si fa espressione di una sorta di vampirismo esistenziale che non contempla alcuna forma di pietismo, giacché il dolore non rende innocenti… Il pessimismo di Chabrol – a tratti estenuante – riesce comunque a condurre al fondo del (faticoso) racconto e trova due perfette complici (nonché màrtiri) in Marie Trintignant e Stéphane Audran, imprevedibili e permeabili nei reciproci ruoli di preda e aguzzino. Assetato.
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