Regia di Benjamin R. Moody vedi scheda film
Cosa succede alla sopravvissuta di un massacro compiuto da un killer mascherato e sanguinario? Last girl standing, partendo dalla conclusione di un film slasher, tenta di darne una personalissima risposta.
Unica sopravvissuta ad un massacro compiuto in un campeggio da un killer mascherato – da lei stessa ucciso per autodifesa – Camryn (Akasha Villalobos) si sottopone ad una lunga terapia a base di potenti psicofarmaci. Dopo quattro anni, nel tentativo di reinserirsi nella società, trova lavoro in una lavanderia, all'interno della quale crede di subire l'aggressione dell'assassino del campeggio. Visto lo stato di turbamento in cui versa, il collega Nick (Brian Villalobos), segretamente innamorato di lei, si offre di ospitarla nell'appartamento che condivide con alcuni amici. Anche in quel contesto però, di tanto in tanto, la ragazza intravede il killer. Persino dopo avere verificato la sepoltura del cadavere, profanandone la tomba, Camryn ha ripetute visioni, che si fanno sempre più insistenti.
Esordio alla regia di un lungometraggio, premiato all'Eerie Horror Fest, di Benjamin R. Moody, anche autore della riuscita sceneggiatura. La particolarità del film consiste nell'iniziare dove qualunque altro slasher si conclude, per poi approfondire le conseguenze psicologiche che il traumatico avvenimento ha prodotto sulla "final girl", qui interpretata dalla convincente Akasha Villalobos (vincitrice come miglior attrice al New York City Horror Film Festival, 2015).
Last girl standing inizia dunque dove finirebbe un qualunque clone di Halloween o Venerdì 13, per poi stazionare quasi un'ora nel dramma. I punti deboli di molti film horror sono proprio dovuti al mancato approfondimento psicologico dei protagonisti, spesso ridotti a corpi senz'anima destinati al massacro.
Benjamin R. Moody, ponendosi la domanda che tutti gli appassionati di cinema thriller si fanno (che fine farà la sopravvissuta?), tenta quindi di darne una (verosimile) risposta. Essere l'unica ragazza scampata a un massacro lascia tracce indelebili che, inevitabilmente, possono solo contribuire a far riaffiorare paure e orrori impossibili da dimenticare. Dopo un incipit sanguinario, il regista abbandona in parte il genere per approfondire gli effetti del trauma subito dalla provata protagonista per poi tornare, come un boomerang, nei venti minuti conclusivi a ricordarci che i demoni più spaventosi e feroci sono quelli che albergano -pazientemente, in attesa di agire- nei nostri più profondi pensieri.
"La singolarità di un crimine è quasi invariabilmente un indizio di per sé. Piú banale e comune è un delitto, piú difficile è venirne a capo.” (Arthur Conan Doyle)
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