Regia di Wes Craven vedi scheda film
La progressione ed evoluzione del cinema horror è sempre stata soprattutto una questione di serialità.
“Scream 2” riflette su questo, sul concetto di numero due, di sequel (una sequenza ha addirittura come oggetto un vero e proprio dibattito su tale assunto).
Nel farlo, non dimentica la riflessione metacinematografica avviata dal precedente capitolo. Anzi, su questo punto Craven insiste ancora di più, osando tanto e riuscendo ad aggiornare il discorso regalandoci un incipit da antologia. Qui, la realtà riflette (ancora) il cinema, il cinema riflette (ancora) la realtà, e come se non bastasse, “Scream” riflette su “Scream” (vedi “Stab”).
Niente paura, la carne al fuoco non è affatto troppa. Tutto scorre liscio, mentre il regista rende dichiaratamente esplicito quanto lasciato sottinteso nel primo film.
Tutto già visto e detto? Può darsi, ma Craven ha la mirabile capacità di rinnovarsi e fare dell’autoreferenzialità uno dei punti forti della pellicola.
Il rincaro della dose di ironia non soffoca l’horror, né tantomeno attenua la violenza.
“Scream 2” si rivela un gioco in grado di funzionare alla grande, meno teorico del suo predecessore ma capace di procedere a rotta di collo per ben due ore, esasperando e valorizzando il proprio aspetto ludico.
Parata di star televisive come usava in quegli anni, citazioni sapienti a iosa (ça va sans dire), e un glorioso alternarsi di intelligenti trovate e momenti tesissimi (notevole la sequenza dove le due ragazze devono uscire dalla macchina con il killer svenuto al posto di guida).
Purtroppo, Craven non sarebbe più riuscito a replicare felicemente la formula: i successivi due capitoli sono a dir poco infami.
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