Regia di Claudio Caligari vedi scheda film
In un periodo a cavallo tra gli anni '70 e gli anni '80, una banda proveniente dalla periferia romana, formata da Remo Guerra (Valerio Mastandrea), il capo, Maurizio (Marco Giallini) e Roberto (Giorgio Tirabassi) in un primo momento, con quest'ultimo, che decide di smettere e gestire uno scalcagnato bar, sostituito da Marco (Emanuel Bevilacqua), detto il ''Rozzo'', fa la spola con la Roma bene, assalendo, picchiando e rapinando i malcapitati di turno, sia per la strada sia spingendosi fin dentro le abitazioni.
Quindici anni dopo l'esordio con 'Amore tossico' e almeno tre progetti naufragati nel frattempo, Claudio Caligari torna con 'L'odore della notte', un gangster-noir all'amatriciana, tratto dal romanzo 'Le notti di arancia meccanica' di Dido Sacchettoni, a sua volta ispirato a fatti di cronaca vera, ma riletto dall'autore piemontese, abbandonando il realismo dell'opera prima puntando ad una via di mezzo tra il pulp ed il grottesco.
I protagonisti sbandati e disadattati di 'Amore tossico', che subivano passivamente la loro condizione di morti viventi, qui decidono di passare all'azione, assaltando e prendendo come bersagli quella parte di società che ritengono parzialmente 'colpevole' della loro condizione disagiata: il racconto è vissuto attraverso il filtro della voce fuori campo (elemento tipico del noir) di Remo, il protagonista - un agente dalla doppia identità, che passa da svogliate giornate di servizio a nottate trascorse con grande intensità e percorse a tutta velocità per le strade della capitale - che commenta le azioni sue e della sua gang, con sarcasmo e sottile (auto)ironia, commentando e spesso anticipando quanto si vedrà di lì a poco.
Caligari opta per una storia narrata in maniera lineare, con accelerazioni di montaggio nelle prime sequenze degli atti criminosi, che accadono in maniera secca, brusca ed improvvisa nel corso della narrazione, con Remo e i suoi sodali che appaiono dal nulla, assalgono, malmenano, rubano e così come sono arrivati se ne vanno altrettanto rapidamente per poi dilatare tali sequenze quando dalle strade i crimini si trasferiscono nelle sfarzose ville dei cosiddetti ricchi.
Citazioni di 'Taxi Driver' (Remo che punta la pistola con il silenziatore verso lo schermo e rovescia un televisore acceso come Travis Bickle - Bob De Niro) e due de 'La grande rapina al treno', primo Western della storia, firmato da Edwin S. Porter: la prima, ironicamente, proprio nel mentre 'i nostri eroi' sono intenti nelle loro gesta e la seconda con Remo che, come il bandito dell'inquadratura finale, spara sempre guardando in macchina, nonché, immancabile in ogni gangster movie che si rispetti, la ripresa dal di dentro del bagagliaio di un'automobile, usata da Scorsese e poi ri-utilizzata da Tarantino.
Mastandrea è bravo ma è 'tradito' un po' dalla faccia da bravo ragazzo (non nel senso scorsesiano del termine) che si ritrova, mentre più funzionali ed efficaci sono Giorgio Tirabassi, purtroppo sacrificato dalla sceneggiatura, Emanuel Bevilacqua, volto 'pasoliniano' preso dalla strada, nei panni del trucido Rozzo e soprattutto uno strepitoso Marco Giallini, a cui spetta l'esilarante scena con un Little Tony che, interpretando se stesso, si prende in giro, intimato dall'ineffabile Maurizio, nel bel mezzo di un'azione criminosa, di cantare 'Cuore matto' ("Canta Tony! tututututututu").
Ciò che non riesce invece a Caligari è la rappresentazione della controparte, identificata in modo semplicistico e schematico dalla triade borghesia, Stato e Chiesa, che nella scena meno riuscita del film, vede protagonisti dei ricchi, un alto prelato e un suo collaboratore, un onorevole e altri commensali tutti intorno ad un tavolo e assediati dai rapinatori. Con la possibilità di lavorare maggiormente, Caligari avrebbe sicuramente affinato tali scompensi sul piano della scrittura, giungendo a risultati ancor più autorevoli.
Al netto di tali difetti, 'L'odore della notte' rimane un esemplare unico tanto all'interno della risicata filmografia del cineasta, quanto nel panorama del nostro cinema, già allora e oggi ancor più, poco incline al cinema di genere, bloccato in un dualismo tra cinema d'autore da una parte e tanto cinema spurio dall'altra, appartenente a grandi linee alla ormai defunta Commedia all'Italiana, ma virata nei suoi 'parenti poveri', cioè cinepanettoni e film con il comico (o i comici) televisivo di turno.
Voto: 7,5.
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