Espandi menu
cerca
L'odore della notte

Regia di Claudio Caligari vedi scheda film

Recensioni

L'autore

ed wood

ed wood

Iscritto dal 6 dicembre 2002 Vai al suo profilo
  • Seguaci 169
  • Post 2
  • Recensioni 1343
  • Playlist 9
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su L'odore della notte

di ed wood
8 stelle

Un gran bel film, tra i migliori italiani degli anni 90, da un regista scomparso di recente, che avrebbe senz'altro meritato di girare qualche film in più. "L'odore della notte" è un avvincente ed intenso ibrido: per un terzo, versione borgatara dei "Goodfellas" scorsesiani; per un terzo, solido B-movie che per un attimo riporta il cinema italiano di genere ai fasti degli anni 70; per un terzo, inevitabile omaggio all'immaginario pasoliniano.

 
Scorsese, Di Leo, PPP. Tutti però rivisitati con carattere e personalità. Del primo, ritroviamo esplicite citazioni da "Taxi Driver", jump-cut, la voce off e la grinta narrativa, ma senza il sovreccitato edonismo di fondo; del secondo, la sapienza nella messa in scena delle abbondanti dosi di azione violenta e soprattutto il fatalismo noir; del terzo, certi inequivocabili carrelli in avanti, certe inquadrature frontali, lo sguardo "maledetto" sulle borgate, ma privato di quel senso di laica sacralità che emanavano le inquadrature del maestro friulano.
 
Il film di Caligari è una cupa e disperata tragedia della solitudine, dell'emarginazione sociale, dell'istinto criminale e, soprattutto, della paura. La paura, per Remo e per la sua banda di ladri, di uccidere per sbaglio o di essere beccati dalla polizia; la paura, per le vittime, di essere violentati se non ammazzati. Lo sguardo del regista è asciutto, amorale: non ci sono prediche, nè slogan. Non c'è rimorso, non ci sono progetti nè ambizioni nè sogni, non c'è nemmeno il tempo per indagare le ragioni etiche e politiche della devianza: c'è solo la corsa in apnea verso l'autodistruzione. Amicizia, amore, famiglia, lavoro: tutte parole che non hanno alcun significato per Remo. In realtà il copione e la voce narrante presterebbero il fianco ad una lettura socio-politica: la vicenda è ambientata nell'Italia tardo-terroristica a cavallo fra anni 70 e 80, coinvolgendo (anche se marginalmente) servizi segreti e Democrazia Cristiana. Ma i pensieri sulle "rapine di stato" e sul divario di classe vengono esposti dalla voce off del protagonista (un ladro ex-poliziotto, n.d.r.) con una freddezza quasi bressoniana, come frasi vuote, pronunciate per inerzia da un Mastandrea imperturbabile, abulico.
 
Semmai, il vero discorso politico si articola nei ripetuti confronti fra rapinatori e vittime, tutte della buona borghesia romana: è l'occasione per il regista/sceneggiatore di mettere in mostra le contraddizioni e le ipocrisie del ceto benestante. Padri di famiglia che nascondono hashish e foto osè ai loro familiari, parenti serpenti che si rinfacciano le colpe, il lusso esibito dai ricchi e vilipeso dai malviventi: ma non si creda che Caligari si abbandoni ad un commento sarcastico e punitivo nei confronti di quelle persone aggredite ed umiliate, poichè il suo sguardo rimane intriso di una incrollabile pietas. Non c'è sberleffo nei confronti dei borghesi "giustiziati", nè esaltazione e apologia delle gesta criminali. Solo la constatazione, impotente, di una necessità; solo la registrazione degli effetti di un patto sociale disfunzionale (e gli effetti, come ci insegna Bresson, si notano sempre prima delle cause). 
 
La paura di perdere ciò che si ha (beni, libertà, vita) accomuna, come detto, "buoni" e "cattivi". L'anti-retorica di Caligari ce la rappresenta con schietta efficacia. In un film con pochi cedimenti e qualche forzatura, fra un fermo-immagine ed uno sguardo in macchina, possiamo isolare almeno un paio di momenti magistrali: il piano-sequenza straziante del ferimento di Remo e il finale, sconsolato, accettato dai protagonisti con mestizia e senso della sconfitta. Almeno i "bravi ragazzi" di Scorsese la vita se la sono goduta, prima dell'inevitabile caduta; e i vari "accattoni" di Pasolini hanno goduto di un riscatto, sotto forma di trasfigurazione estetica (Mantegna etc...) sul grande schermo. Per Remo e compagni, invece, nessuna gioia, nessuna redenzione: solo una vita buttata, come per i protagonisti di "Amore Tossico", film-manifesto di Caligari.
Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati