Regia di Claudio Caligari vedi scheda film
"L'odore della notte" è il ritorno alla regia di Caligari quindici anni dopo "Amore tossico", ed è un film di stile diverso dal predecessore, ma con alcuni elementi che ne rendono riconoscibile la continuità. Più costruito già in fase di sceneggiatura, "L'odore della notte" si basa su un libro di Dido Sacchettoni che ricostruisce le gesta criminali della "banda dell'arancia meccanica", che terrorizzò la Roma bene a cavallo tra gli anni settanta e ottanta, e racconta, con la voce off del protagonista, di un gruppetto di persone che avrebbero potuto finire come i ragazzi ostiensi di "Amore tossico" oppure come i supercriminali della banda della Magliana. Ma Remo Guerra non ha sete di potere o di soldi: la sua è soltanto una guerra (non credo che il gioco di parole e di nomi sia casuale) contro chi questa società ha posto su un piano più alto ed inarrivabile se non con la pistola in pugno e una macchina veloce, così come i suoi complici Maurizio, mago del furto d'auto e della velocità al volante, e il Rozzo, amante della violenza per la violenza, mentre il solo Roberto entra nei colpi per saldare i debiti e mantenere la famiglia.
"L'odore della notte" non è un film riuscito come "Amore tossico", nonostante non sia comunque un lavoro da buttare via. La voce narrante è un espediente forse anche un po' moralistico per dire allo spettatore che il crimine non paga, e il protagonista - io narrante sembra saperlo fin dall'inizio, nonostante tutti i suoi tentativi di non lasciare tracce e di depistare le indagini. Il suo sembra essere un comportamento dettato dalla volontà di reagire alla civiltà insulsa di quel periodo, come sembra testimoniare la sua noia di fronte al televisore che trasmette le immagini di Heather Parisi che canta "Cicale" e che non merita nemmeno la violenza di una pistolettata, bensì un semplice calcio per rovesciare tutto. E ovviamente al criminale nichilista è preclusa qualsiasi possibilità di vita normale: la gestione del bar procurerà altri debiti da saldare soltanto con le rapine, rendendo il gioco vieppiù rischioso, mentre la fidanzata dovrà giocoforza essere lasciata all'oscuro di tutto. L'incubo del carcere, poi, non è tanto spaventoso di per sé quanto per il fatto che ti taglia fuori dai giochi: il reduce dalla galera non potrà più permettersi di dare ordini nemmeno a personaggi privi di carisma, ma tutti muscoli e violenza come il Rozzo.
Buona la prova di Valerio Mastandrea, contornato da professionisti di spessore come Giallini e Tirabassi. Credibile anche l'apparizione di Little Tony nella parte di una delle vittime, costretto dai criminali a cantare "Cuore matto", che, con quel suo bum-bum bum-bum di basso che sembra imitare le pulsazioni accelerate durante le rapine, fa anche da motivo conduttore a tutto il film.
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