Regia di Robert Kurtzman vedi scheda film
Modesto horror, all'insegna dello splatter e gore più + estremo
Wishmaster, primo film di una saga di buon riscontro di pubblico, tanto che si è protratta fino al 2002, con un soggetto di Peter Atkins, trova spunto nella demonologia classica, nella figura del cosiddetto jinn, I jinn risalirebbero all’epoca pre-musulmana, definite entità malvage simili ai goblin e non al bonario “genio” della lampada delle famose “ Le mille e una notte, ma creature sopraterrene e diaboliche, declinate in una connotazione malefica, con una natura ben più sinistra di quella dell'Aladdin della Disney o il precedente letterario, della lampada di Aladino. La tradizione favolistica ha trasmesso soltanto gli aspetti rassicuranti del “genio”, colorandolo come un personaggio simpatico e accattivante, figura disneyana, ignorandone il lato oscuro, e più vero, che lo rendeva, di fatto, più simile ad un beffardo demone. i djinn dunque qui vengono descritti come esseri biechi, che vivono in un mondo di mezzo, infidi demoni il cui operato tende solo al male sospesi tra la Terra e il Paradiso e possono raggiungere il potere totale solo se l'uomo che riporterà in vita uno di loro permetterà, che questi possa esaudirgli tre desideri. La stranezza è che l djinn anche se teso a compiere il male, non può nuocere direttamente, ma può solo esaudire desideri ma l’inghippo è proprio qui, perché l’essere demoniaco, intrepreta il desiderio, in modo diabolicamente distorto, cosi da renderlo dannoso per chi lo chiede, insomma esclusivamente a svantaggio della vittima, dando una chiave di lettura metaforica e attraverso forzature concettuali, diventa strumento per arrecare sofferenze e morte. Il film si apre in Persia, un potente sortilegio sta trasformando l’intera corte di un antico sovrano in mostruose creature, un uomo viene trasformato in serpente, di un altro lo scheletro e il cranio fuoriescono letteralmente dal corpo, il fegato di un terzo gli esce da ventre per mordere una donna.“ questi orrori, sono la traduzione delle incaute richieste di prodigi fatti dall’ingenuo imperatore a un mostruoso figuro incappucciato, appunto un Djinn che viene dopo questa mattanza, imprigionato da un avveduto Visir in un grosso opale. La pietra, incastonata in una statua di Ahura Mazda, lo rende inattivo, fin quando approda dopo secoli nell’America dei giorni nostri, dove Raymond Beaumont alias Robert Englund attende il manufatto da collocare in una la sua collezione di antichità, ma durante il trasporto, l’opale precipita dalla gru, uccidendo sul colpo uno degli addetti, per una maldestra manovra, operata da un macchinista ubriaco. Approfittando dell’incidente un portuale presente, si appropria della gemma maledetta per poi rivenderla alla fine, capita nelle mani di Alexandra “Alex” La ragazza la affida ad un amico e collega, Josh Aickman per farla esaminare lui, inconsapevolmente libera il Djinn e dà il via a una terribile catena di agghiaccianti eventi e omicidi. Il sadico demone si gode la sua perfidia in tutti i modi più cruenti possibili. Fingendo di assecondare il suo ingenuo desiderio di rimanere giovane e bella per sempre, la trasforma in un manichino, poi fa guadagnare un milione di dollari al manager di Alexandra, ma al prezzo della vita della madre, facendo precipitare l’areo su cui è imbarcata, dopo che ha stipulato una polizza sulla vita intestata a lui, acceca uno studente che lo esorta a non fargli vedere lo scempio che sta facendo. Il demone protagonista di questo horror alquanto scenografico, è una forma malvagia di creatura, che si nutre dei desideri espressi dai malcapitati che incontra, fino a trasfigurarsi in un uomo affascinante ed affabulatore, che nutre progetti ambiziosi. A costui si opporrà Alexandra, prima subendo ma poi con un bel colpo di scena raddrizzando e capovolgendo la situazione. L’idea del Djinn, figura luciferina e a tratti grottesca, che unisce la sete di sangue, ad un’estrema fantasiosità nelle uccisioni, all’insegna di un macabro umorismo nero, sicuramente è efficace, invece è in altri aspetti che il film è carente, prima tra tutti una fotografia non proprio impeccabile, una sceneggiatura approssimativa, oltre a un pessimo doppiaggio, peraltro si avvicendano trovate narrative e visive particolarmente fantasiose, descritte con dovizia di amenità da “stomaci forti “ che indugiano sadicamente nel gore, e nello splatter estremo, con una profusione di corpi dilaniati, una maledizione cancriforme a scapito di un intollerante farmacista oppure l’accecamento per subitanea cavatura d’occhi dalle orbite ed ermetica chiusura delle palpebre dello studente di cui sopra, o ancora una declinazione post-contemporanea della pietrificazione, o meglio plastificazione di un guardiano che lo sfida a passare sul suo corpo. Sequela di cameo e apparizioni di celebri volti dell’horror, a partire dai già citati Englund, Pilato e Bannister, a cui si uniscono Kane Hodder, Tony Todd, Ted Raimi, fratello di Sam, poi George Buck Flower di “Essi vivono”, infine Angus Scrimm voce narrante, produttore Wes Craven. Compare anche la statua del demone Pazuzu, chiaro omaggio al film “L’Esorcista” di William Friedkin. Film adatto solo agli appassionati del genere.
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