Regia di Sebastian Muñoz vedi scheda film
Venezia 76. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica.
Jaime risale il buio e lungo corridoio mentre i secondini lo conducono in un'ala speciale del carcere, in una cella speciale. Lo accoglie "El Potro" all'interno di quattro mura alte e strette. È lui il padrone di quell'angusto spazio nonché il capo famiglia che provvede a garantire un livello accettabile di ordine e pulizia per i propri ospiti. Gli altri inquilini sono chiamati a compiacere i suoi ordini elargiti con fermezza e giustizia. "Hai rispetto degli altri?" chiede il re della cella al giovane arrivato. È il presupposto necessario per godere i benefici della protezione in un ambiente ostile. "Ce l'hai un soprannome?" Jaime è presto rinominato il "principe", così ribattezzato dalla ex favorita dello "stallone". Del re diventa subito la concubina ed il protetto...
"El principe" di Sebastian Muñoz, tratto dalle pagine scritte del romanzo di Simon Cruz, che veniva sfogliato clandestinamente, a causa dei contenuti omosessuali, negli anni '70 di Pinochet, è un film carcerario. Ma siamo lontani dai connotati che hanno regolato il genere per decenni: nessun tentativo di fuga, nessun innocente inchiodato da una giustizia cieca o compiacente, nessuna connotazione politica. Inoltre, i riferimenti alle violenze fisiche e morali da parte della polizia carceraria si esauriscono in un paio di sequenze, una, durissima e vergognosa di inaudita violenza sessuale, l'altra che si riduce ad una frase, un "tu non hai il permesso di uscire (per il funerale)", che distilla, in poche velenose gocce, l'assoluta mancanza di pietà verso la persona umana. Il film, dunque, si muove, senza sconti, sul terreno dei rapporti umani contrapponendo l'intimità della cella alla violenza verbale e fisica al di fuori di essa, l'abbraccio rassicurante e protettivo nei letti contro la brutalità delle docce, il suono placido della chitarra contro le urla e le minacce nei corridoi. Se Ricardo è protettivo con la propria "famiglia" fuori è un aguzzino. Le stesse dinamiche si ripetono nelle altre celle dove i detenuti, animati, anch'essi, dalla necessità di sopravvivere mostrano un carattere spavaldo e, al contempo, il desiderio di vivere una condizione fisica ed emotiva appagante che di affetto, complicità e sessualità si nutre. In questo contesto brutale, Jaime è, prima, vittima dei desideri carnali di Ricardo, poi ne diventa complice ed amante. All'inizio scolaretto che non sa bene come muoversi, Jaime diventa adulto grazie all'uomo, più anziano di lui, che l'ha preso sotto la propria ala protettiva indicandogli i passi da compiere.
Nella parte di Ricardo, lo stallone, vi è un monumentale Alfredo Castro (a Venezia anche in Blanco en blanco) che impone la sua fisicità avvizzita dal tempo in un ambiente di giovani corpi elastici e tonici. Il regista cileno non cerca accomodamenti, mostra la fragilità dei corpi nudi e l'urgenza di dominio in scene di sesso che lasciano poco all'immaginazione e che annientando ogni erotismo lasciano spazio ad un analisi sul desiderio di potere in contesti imbruttiti ove sopravvive solo chi non dimostra debolezza. Muñoz mantiene inalterata la tensione emotiva, riducendo la pressione interna alla famiglia di "El Potro" e aumentando, più che proporzionalmente, l'inquietudine all'esterno della cella con gli screzi continui che diventano tafferugli per poi trasformarsi in irreparabilmente tragedia. Il cerchio si chiude ben presto. Un nuovo arrivo, un altro giovane che, forse, deve percorrere all'indietro, come Jaime (i flashback che ripropongono il suo background criminoso), la propria vita, per accettare il proprio stato, la propria sessualità, e poter campare lì dentro il più a lungo possibile. Una radiolina, intanto, gracchia il discorso nel neo eletto presidente Salvador Allende. Lascia i brividi e l'amarezza in bocca. Il regime di Pinochet calpesterà ogni speranza di cambiamento. Nulla è destinato a cambiare, nemmeno tra le quattro alte e strette mura della casa di Jaime.
Queer Lion Award a Venezia 76
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta