Regia di Carlo Mazzacurati vedi scheda film
Presentato in concorso al Festival di Locarno, distribuito fugacemente in sala, prodotto dalla Rai, "L'estate di Davide" oggi può essere visto come l'altra faccia di "Che ne sarà di noi". Se nel furbo film acchiappa incassi firmato da Giovanni Veronesi i giovani protagonisti, neo diplomati, partivano per una vacanza da sogno in Grecia, il più umile Davide ("Io i soldi per la moto non ce li avevo e sono sicuro che quando ce li avrò, tutti si faranno la macchina!" dice la sua voce fuori campo), dopo avere superato la maturità con risultati non proprio brillanti a Torino, decide di andare a trascorrere le sue vacanze dagli zii nel Polesine. Qui mentre aiuta il severo zio in diversi lavori, conosce l'amore e la passione travolgente per Patrizia, molto più matura di lui e trova l'amicizia di Alem ragazzo bosniaco piuttosto intraprendente. Purtroppo la storia con Patrizia finisce male (la ragazza si droga e frequenta un giovane imprenditore locale implicato nel traffico di stupefacenti) e non va meglio con Alem che lo coinvolge in un pericoloso viaggio fino in Puglia dalle conclusioni inaspettate e tragiche. Amarissimo e a tratti crudele romanzo di formazione, "L'estate di Davide" conferma Carlo Mazzacurati come il più acuto e puntuale osservatore del nord-est italiano. Al solito al regista bastano poche pennellate per dipingere, con credibilità ed efficacia, una realtà che conosce assai bene. Attraverso due personaggi, in apparenza secondari. Da un lato lo zio di Davide (grande partecipazione di Toni Bertorelli), lavoratore infaticabile, austero ed onesto che si è costruito da solo e continua a produrre con l'entusiasmo e la determinazione di quando ha iniziato. Dall'altro il giovane amante di Patrizia, classico figlio di papà, sfrontato, violento e superficiale che fa dell'arroganza, della sopraffazione e dello sfoggio di potere e ricchezza i suoi tratti distintivi. La vecchia e la nuova generazione a confronto. Lo zio di Davide è un uomo serio e rigoroso che insegna al nipote che le cose si ottengono con sacrificio, fatica, costanza ed impegno, non dimenticandosi però di riconoscerne i meriti (regala a Davide un motorino di seconda mano per muoversi più facilmente nelle campagne della zona), ma irremovibile quando si sente tradito nella sua fiducia (nel momento in cui scopre la droga che Alem ha dato a Davide da nascondere, caccia via il nipote senza voler sentire alcuna giustificazione: "Fuori dai coglioni: la corriera parte tra un'ora!" sono le sue drastiche parole). Il giovane imprenditore invece è un uomo cresciuto nell'oro, che si è trovato già tutto pronto, gestisce, probabilmente con disinteresse e sufficienza, la fabbrica di famiglia, si dedica alla bella vita, avvia un lucroso traffico di stupefacenti. Una contrapposizione brutale tra due modi opposti di concepire la vita che oggi pare ancora più marcata di quando è stato realizzato il film, nel 1998. Mazzacurati però rivela anche uno sguardo sensibile e maturo nel raccontare i confusi e spesso contradditori stati d'animo di Davide, fino ad ora il solo adolescente protagonista della sua intensa filmografia. Davide lascia a Torino una situazione familiare quanto meno precaria e non solo economicamente, tanto che lo stesso ragazzo afferma che "in famiglia, se la nostra si può definire famiglia, c'è sempre stato il problema dei soldi. Da quando sono nato fino ad adesso e credo per sempre. I soldi sono finiti forse è la prima frase che ho imparato". La mamma è morta quando aveva nove anni, il papà si è risposato e ha appena avuto un figlio dalla nuova compagna. Davide vive con il fratello, la cognata e il loro piccolo appena nato. Nella bella sequenza di apertura si vede il ragazzo impegnato a preparare la maturità e disturbato dai furibondi litigi del fratello e della moglie e dal pianto disperato del nipotino tanto che decide di portare il piccolo in giro con sé per strada, appoggiato al suo petto per calmarlo, sedendosi quindi su una panchina. La vacanza dallo zio è una scelta quasi obbligata, "tanto per fare qualcosa, visto che a Torino non restava neanche un cane." Il suo atteggiamento è dimesso, impaurito, forse rassegnato: dà quasi l'impressione di pensare che se potesse sparirebbe. Emblematiche le sue parole mentre sta per giungere dagli zii: "Nessuno si era accorto che ero partito. Nessuno mi aspettava. Ad essere sincero ero proprio messo così!" La dura schiettezza dello zio ("Se vuoi stare qui, devi trovarti qualcosa da fare. Qui c'è sempre qualcosa da fare, basta avere la voglia.") viene equilibrata dalla dolcezza materna della zia. Le sue giornate scorrono piuttosto uguali e monotone tra i lavoretti per lo zio e una capatina al bar. Il contestuale incontro con Patrizia e Alem (quest'ultimo conosciuto in ospedale dove è stato ricoverato per un infortunio sul lavoro) gli aprono nuove prospettive nella sua fin a quel momento piuttosto piatta sfera relazionale. La sensibilità di Mazzacurati sta nella convincente descrizione del progressivo sentimento che Davide prova per Patrizia. Bella la sequenza in cui i due ragazzi, dopo avere mangiato un cocomero, si sfiorano, si toccano e si accarezzano prima le mani e poi le gambe, quindi iniziano a baciarsi. La passione improvvisa, gioiosa e sorprendente diventa la molla che porta di continuo Davide a casa di Patrizia spiandola di nascosto nella sua stanza o entrando dalla finestra per fare l'amore con lei. Quella curiosità però gli rivela anche il lato nascosto e torbido della ragazza, evidenziato altresì dall'atteggiamento durissimo della madre di Patrizia a cui rinfaccia di avere causato la morte del padre, accusandola di portare in casa solo delinquenti e augurandosi che la polizia venga a prenderla per condurla in prigione. Pedinare le uscite di Patrizia con l'amante al ristorante fino a guardarli mentre amoreggiano nella lussuosa macchina di lui è la reazione più immediata. Dalla cocente delusione alla rabbia e al desiderio di vendetta nei confronti di quell'uomo che, ai suoi occhi, gli ha portato via la ragazza, il passaggio è rapido e non indolore, ma Davide trova l'appoggio e l'aiuto dell'amico Alem. Forse la parte finale, dopo la scoperta di un enorme quantitativo di eroina ("Un colpo di culo come questo capita una sola volta nella vita!", afferma entusiasta Alem di fronte allo scettico Davide) che fa intravedere ai due ragazzi la speranza di un futuro migliore (aprire un bar in Grecia) è di troppo, perché carica di eccessivi risvolti negativi la già provante esperienza di Davide. E ciò nonostante la bella caratterizzazione del personaggio di Alem, a conferma della particolare attenzione che sempre il regista ha avuto nei confronti di ragazzi emarginati, specie dell'est Europa (si pensi anche a Vesna o alla Alia di "Un'altra vita", il cui finale drammatico ricorda molto quello di "L'estate di Davide"). Resta in ogni caso un film profondo, sincero e malinconico, nel miglior stile Mazzacurati, con il coraggio di raccontare in modo non banale né convenzionale un'estate diversa, dolente e sofferta, molto più comune di quanto si possa pensare. Davide torna disilluso a Torino a lavorare nel suo autolavaggio ma, forse, con una consapevolezza maggiore. Quell'estate nella sua vita non passerà invano. Ottimi gli interpreti tra cui spicca Stefano Campi nei panni di Davide. Musiche toccanti di Ivano Fossati e preziosa fotografia di Alessandro Pesci. Scritto dal regista con Claudio Piersanti. Vincitore dei premi per la sceneggiatura, attore (Stefano Campi) ed attrice (Patrizia Piccinini) al festival internazionale di Biarritz del 1999. Piccola curiosità: aiuto regista di Mazzacurati nel film è Andrea Molaioli, autore del fortunato "La ragazza del lago" che tanto deve al cinema di Carlo.
Voto: 7+
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