Regia di David Marmor vedi scheda film
Forse con il senno di poi lo avrei valutato di più, da un risicato 6 mi sento ora di dargli un bel 7 pieno.
Certi film, malgrado inizialmente non diano l'impatto atteso o inatteso, poi per un motivo o per l'altro ti rimangono impressi più di altri film che ti sorprendono appena li vedi. Forse vuol dire che in qualche modo quel film passato in sordina nel mentre lo vedevi ha toccato qualche corda più o meno profonda. Si tratta allora di vedere che cosa regge in questo film, malgrado certi limiti.
Intanto il benvenuto in un condominio che segue alla lettera le istanze di un collettivo organizzato solidale non è poi, dopo tutto, una cosa da una buttar via, in un mondo individualisitico. Ma poi si viene a scoprire che la povera ragazza coinvolta in questo benvenuto è tutt'altro che benvenuta, è un'estranea e prima di appartenere al gruppo condominiale dovrà passare delle prove che costituiscono un vero e proprio rito di passa ggio dalla società anonima individualitista alla comunità solidale del condominio.
Il film gira tutto intorno a questo rito: l'ambivalenza amorevole iniziale dei condomini, i rumori inquietanti delle tubature che durante la notte la protagonista è costretta a subire; il suo essere prelevata di colpo dal proprio appartamento dagli stessi vicini affinché faccia il rito; il suo essere promossa nella comunità fino a un matrimonio combinato con uno dei suoi membri deciso dal comitato direttivo. Da non dimeniticare che questa organizzazione colettiva si ispira al comportamentismo di Skinner il quale sotenne che si puà realizzare una città perfetta a livello umano con gli opportuni condizionamenti operanti. Il tutto è una miscela di horror psicologico più o meno introspettivo. Ma è anche secondo me un modo per rappresentare la nosta condizione attuale; desiderosi di socialità ma al tempo stesso diffidenti della stessa vissuta come un'intromissione invasiva nella nostra intimità. La protagonista svolge appieno proprio questa almbivalenza, non si riesce cioè a capire fino in fondo da che parte decide di stare, se nel collettivo oppure fuggire. Ma poi c'è un altro messaggio: siamo proprio sicuri che collettivismo e individualismo non siano due faccie della stessa medaglia? l'esigenza di appartenere a una setta non è anche un'espansione, una protesi, del nostro ego? E colui che ha a cuore il proprio culto individualistico non è altro che uno qualunque come fanno tutti nel conformismo quotidiano? credo che la bellezza del film consiste proprio nel non rispondere a queste domande lasciandole spiaccicate in un finale aperto.
I limiti ci sono eccome. Una tematica come questa poteva essere maggiormente approfondita soprattutto sul versante ideologico; certe scene inoltre tendono un pò a ripetersi e finscono per essere abbastanza prevedibili. Ma nonostante tutto per le ragioni esposte mi sento il dovere di cambiare valutazione. Un buon 7 a mio avviso se lo merita.
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