Regia di Rocky Soraya vedi scheda film
Seguito meno riuscito di un film interessante in grado comunque di confermare le buone capacità tecniche di Rocky Soraya, cineasta indonesiano che riporta sugli schermi (Netflix) un tipo di regia sperimentale e tipica degli horror degli Anni '80 (con Sam Raimi, e il suo La casa, in testa).
Alia (Jessica Mila), dopo la drammatica esperienza che le ha fatto prendere coscienza delle sue doti extrasensoriali, perde la sorella Abel (Bianca Hello) apparentemente uccisa dallo spirito vendicativo di Mirah (Jelita Callebaut). Alia ha trovato lavoro in un orfanotrofio dove sono ospiti sedici disperati bambini. Ma il passato ritorna velocemente, quando fa la conoscenza di Nadia (Nabilah Ratna Ayu Azalia) una ragazza anche lei dotata del "terzo occhio". All'interno dell'orfanotrofio si cela, di fatto, una storia di sangue dovuta al tradimento di Fadli, marito della titolare Laksmi. Lo spettro della piccola Darmah (Hadijah Shahab), figlia illegittima di Fadli avuta con la cognata Mirah, manifesta la sua presenza e alle due ragazze, dotate del terzo occhio, pian piano viene rivelata una atroce verità.
Secondo capitolo di una serie in via di sviluppo, stando alla conclusione completamente aperta ad un sequel. Opera indonesiana destinata al circuito Netflix, diretta con grande stile dall'abile Rocky Soraya che conferma qui le sue eccezionali capacità di regista. La macchina da presa volteggia, si muove vorticosamente, spia dai soffitti, entra ed esce da finestre e -soprattutto- dagli occhi delle protagoniste. In questa seconda parte è dunque confermata la non comune dote visionaria di Soraya che è però purtroppo al servizio di una storia troppo contorta, decisamente prolungata (il film dura quasi due ore) e talvolta -nel non riuscito tentativo di mettere in scena troppi cliché- confusionaria. Sedute spiritiche (di fronte a specchi), possessioni, voci dall'oltretomba, aperture di voragini che portano dritte all'Inferno e spettri che si muovono -dall'Aldilà, Aldiqua- come fossero zombi fulciani. Purtroppo la sceneggiatura sconfina più volte nel ridicolo involontario, come quando sullo schermo compare un girone infernale con peccatori urlanti fustigati a sangue e circondati dal fuoco (come nemmeno nei film del brasiliano José Mojica Marins).
Soraya, autore del soggetto poi sviluppato da altri due sceneggiatori, dimostra scarsa qualità in termini narrativi, al contrario invece della non comune vocazione dimostrata verso un tipo di regia vivace, iconoclasta e in grado -in un paio di occasioni- anche qui di sorprendere. Come nel piano sequenza che segue -in soggettiva- lo spirito vendicativo di Darmah (decisamente inquietante il look spettrale della piccola vittima) mentre dall'esterno, la telecamera ruotando vertiginosamente su se stessa, penetra attraverso una finestra per poi precipitare sugli ospiti dell'orfanotrofio. Il terzo occhio 2 finisce così per essere un omnibus dell'horror scritto malamente ma in grado, in più contesti, di appagare la visione per quanto esteticamente molto ben realizzato.
"Lo spazio tra i nostri due occhi (terzo occhio) non è uno spazio delimitato nel vostro corpo fisico. E’ lo spazio infinito che è penetrato in voi. Una volta che questo spazio venga conosciuto, non sarete più la stessa persona. Non appena conoscerete questo spazio interiore, avrete conosciuto l’immortale. Allora non c’è più alcuna morte."
(Rajneesh Osho)
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