Regia di Maya Da-Rin vedi scheda film
TFF 37 - TORINOFILMLAB
Ai margini di una foresta Amazzonica immensa e misteriosa come un'oceano parzialmente inesplorato, il quarantacinquenne Justino si è adattato a vivere nel piccolo villaggio che lo ospita facendo il guardiano presso la struttura portuale di Manaus.
L'uomo sta vivendo un periodo di stress esistenziale sia a seguito della morte della affezionata moglie, sia al pensiero che la giovane figlia è in procinto di trasferirsi a Brasilia per il prosieguo dei suoi studi, trovandosi per tali circostanze in una situazione preparatoria ad un periodo di melanconica solitudine.
Inoltre, o forse proprio anche a causa di ciò, da tempo l'uomo è afflitto da un persistente stato febbrile che lo debilita e lo stordisce, mettendolo in condizione di non distinguere più i sogni dalla realtà.
Il misterioso animale che comincerà ad aggirarsi attorno al quartiere povero in cui l'uomo abita, finirà per divenire l'ossessione dell'uomo che si adopererà per dargli la caccia. Creando le condizioni per compromettere definitivamente la sua già fragile posizione di lavoratore precario.
L'esordio cinematografico suggestivo, lento e pacato della regista brasiliana Maya Da-Rin, si sviluppa tra il tessuto socio-occupazionale e le suggestioni suggerite da un folklore completamente suggestionato dalle immense foreste che a stento e con tutta la resistenza possibile lasciano il posto alla civilizzazione altrove imperante e devastatrice.
La storia si concentra sul calvario mistico e sul delirio che la malattia fisica, ma anche somatica che affligge il mite protagonista, finisce per portarsi con sé, finendo per cancellare ogni prudente e lungimirante segnale di confine che la concreta realtà generalmente riesce a conquistarsi sul sogno e sulle suggestioni fantastiche che il cervello instancabile matura nel momento in cui il corpo cede le sue forze alle fantasie dell'inconscio.
Più che alla storia in sé, ridotta all'osso e quasi esile pretesto per altre panoramiche, il film colpisce per quanto riesce ad integrarsi addentro un paesaggio reale che ha il coraggio di presentarsi in tutto il suo naturale, quasi brutale rigoglio fisico che non ricerca la perfezione scenica, ma solo l'essenza di un predominio della natura su tutto ciò che la circonda, umanità compresa.
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