Regia di Tinto Brass vedi scheda film
Nella cosiddetta “poetica” di Tinto Brass, che con “La chiave” inaugura il suo filone erotico tout court, esiste una sconcertante monotonia, dovuta alla disarmante incapacità da parte dell’autore di scostarsi dai propri cliché (il culo come oggetto del desiderio, le camere da letto piene di specchi, il tradimento come conditio necessaria, e poi le musichette da sagra della porchetta e la palese apologia del fascismo). La chiave, che per l’epoca è stato un film dissacrante, originale, coraggioso, si dimostrerà solo un importante step da parte di Brass del suo monocorde percorso personalistico, che col passare del tempo si paleserà con maggiore chiarezza: dietro ad un falso erotismo d’autore si riconosce palesemente una morbosa, maniacale e personalissima perversione che, in quanto tale, non comunica nulla a nessun altro che all’autore stesso.
Film prevedibile e noioso, un polpettone informe che tecnicamente assomiglia ad un video semi-amatoriale. Gli attori, Stefania Sandrelli in primis, sembrano recitare in una di quelle opera teatrali d’avanguardia che vivono di ostentato parossismo dell’espressione. Menzione speciale per il fisico mozzafiato dell’attrice italiana, dolce e sensuale, capace di non essere volgare quasi mai. Del film non si salva veramente nulla, con il montaggio e la recitazione a competere verso il basso per un poco invidiabile Oscar della ridicolaggine.
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