Regia di Delmer Daves vedi scheda film
Buon western, che si distingue per il modo equilibrato con cui tratta il problema dei conflitti e della pace tra bianchi e pellerossa. Delmer Daves da ragazzo frequentò la riserva indiana vicina al suo luogo natio, ed è quindi al di sopra di ogni sospetto di razzismo o di ostilità nei confronti dei nativi americani. Ciò non di meno, il regista si guarda dal trattare con parzialià e impianti ideologici la dolorosa storia della guerra tra bianchi e indiani. In questo mi ricorda molto certi film di John Ford, come “Il massacro di Fort Apache”. Il quadro che ne esce è che una minoranza di guerrafondai in entrambi i fronti bastarono a scatenare battaglie, vendette, ritorsioni. Le vittime poi, erano spesso gli innocenti che la guerra non la volevano. Come dicono alcuni personaggi nel film e la stessa voce narrante, la vendetta non sistema niente, ma avvia la spirale dell'odio, un circolo vizioso che non trova mai fine.
Il divo Alan Ladd finisce per andare in secondo piano rispetto alla vicenda dei difficili trattati di pace, ma questo giova al film nel suo insieme. Molto carina è la scena dei baci “intermittenti” in riva al lago tra i due innamorati. Da lodare è anche la fotografia, che ci regala bellissime vedute sui grandi spazi della natura americana.
Ritengo questa pellicola di Daves assai più onesta e sensata di certi western anni '70, dove i bianchi erano i cattivi oppressori e gli indiani poveri pacifici oppressi, detentori per di più di una civiltà superiore. Un'altra cosa: non sono stato mai deluso da un film di Delmer Daves.
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