Regia di Fernando Meirelles vedi scheda film
"Padre, ma si può fumare mentre si sta pregando?" "No, certo che no! Però si può pregare mentre si fuma" .
Non c’era bisogno di essere né vaticanisti, né fanatici religiosi, nemmeno un pochino d’animo boy scout per entusiasmarsi all’idea che Hopkins avrebbe potuto interpretare quello che un noto giornale, titolando la prima pagina il giorno dopo la sua elezione, definì “Il Pastore Tedesco”: Joseph Ratzinger. E infatti, con (moderato, via...) entusiasmo ho deciso di andare a vedere questo film la cui tematica, sinceramente, mi interessava in maniera molto relativa. Anzi: relativistica (tanto per far fischiare un po’ le orecchie all’attuale Papa cosiddetto “emerito”).
Laicamente, consentitemi un breve inciso di natura non cinematografica. Sono d’accordo con chi protesta sul fatto che l’ambiguità di questo titolo (“Papa Emerito”) non può che nuocere alla comunità cattolica: avere due papi contemporaneamente sulla scena è solo fonte di ambiguità e di confusione, per non dire vero e proprio smarrimento. Chiuso l’inciso, lascio il ragionamento agli scout.
Il nostro film, forse in egual misura, vive di momenti molto diversi, altalenanti, per nulla omogenei e che a loro volta possono generare confusione. Per esempio, la ricerca storiografica sulle origini di quello che sarà Papa Francesco (si direbbero: i “flash back”, in terminologia cinematografica, ma ci si dovrà pur sforzare di “elevarsi” se si tratta di Vati(cani)cini) si inserisce male nella narrazione, con tempi inadeguati, esagerati, nonché stereotipati e che finiscono per essere un po’ stucchevoli e fastidiosi.
Quanto al rapporto tra i due papi, devo dire che l’aspetto “divertente”, inteso anche come “umano” (le barzellette, la pizza davanti alle partite di calcio, le strimpellate al pianoforte ricordando i Beatles...) che finisce per prevalere sulla disputa teologica tra un papa considerato conservatore e retrogrado ed uno che sarà (dopo essere stato in gioventù piuttosto conservatore e retrogrado a sua volta, al limite della meschinità) ritenuto riformista è a mio avviso un aspetto positivo del film, anche se non basta a colmarlo e a definirlo (sempre che di una “definizione” il film fosse alla ricerca).
Un film che, se tagliato di un buon venti minuti sarebbe stato sicuramente più godibile, credo che personalmente ricorderò (oltre che per la prevedibile, eccezionale prestazione di Hopkins e la strabiliante somiglianza, anche se ormai al cinema non ci si “strabilia” più di tanto per certi effetti, di Jonathan Pryce con Bergoglio), se non altro per due scelte musicali. La prima: una versione cantata “a cappella” da un coro di voci non italiane (si sente dall’accento...) di “Bella Ciao”, che di questi tempi fa sempre bene. E nel finale una versione strumentale, strascicata e romanticissima di “Besame Mucho”. Due titoli che, letti così, non si capisce bene cosa c’entrino in un film che parla della successione/non-successione tra Ratzinger e Bergoglio, a riprova che il film di Meirelles non è esente da una certa, forse mistica, crisi confusionale.
Comunque interessante, anche per i non boy scout.
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