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I Due Papi

Regia di Fernando Meirelles vedi scheda film

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La recensione su I Due Papi

di michemar
7 stelle

I due Papi, si intitola, ma in realtà l’attenzione del regista, quasi inconsciamente, si rivolge maggiormente verso il futuro Francesco, sia per i vari flashbacks che lo riguardano sia per il risalto dato alla sua elezione avvenuta il 13 marzo 2013. Il pensiero non può non andare al profetico Habemus Papam di Nanni Moretti, quasi una prosecuzione.

Cambiamento o compromesso. Ratzinger e Bergoglio. All’inizio dei loro lunghi colloqui, ognuno si appropria di uno di questi due termini in contrapposizione ideologia dell’altro. Alla fine si scambiano i ruoli e le convinzioni. Sinteticamente anche questo semplice concetto potrebbe riassumere il frutto del loro continuo (improvviso) parlare, un’affabulazione tra due alti ministri della fede cattolica, ma non è e non può essere così riduttivo, perché la distanza – soprattutto iniziale – tra le mentalità e le modalità per affrontare e superare la crisi della Chiesa e dell’allontanamento dei fedeli è notevole e solo la loro buona volontà e la comprensione l’uno dell’altro valgono l’avvicinamento e la conoscenza, fino alla nascita di una sincera amicizia tra i due alti prelati. Di sicuro un’operazione non facile per il regista Fernando Meirelles e lo sceneggiatore Anthony McCarten, tanto che continuavo a chiedermi sulla base di quali documenti o testimonianze abbiano potuto immaginare e scrivere un copione come questo, con l’evidente pericolo di fuorviare scorrettamente la narrazione di quegli anni che sono intercorsi tra il loro primo incontro e il fatidico discorso di Benedetto XVIin cui egli dava l’annuncio clamoroso e storicamente rarissimo delle sue dimissioni, sconcertando il popolo dei fedeli e di tutta l’attenzione mediatica mondiale.

 

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Ed in effetti qualche sponda la hanno avuta nell’ambiente del Vaticano, come affermato dai due responsabili nelle interviste rilasciate in sede di presentazione del film: tra i documenti accessibili e le testimonianze raccolte, Anthony McCarten – autore dell’opera teatrale che è il soggetto del film, The Pope - ha potuto scrivere una sceneggiatura davvero attendibile (più di tanto sarebbe stato impossibile) a cui si assiste impietriti come se i dialoghi fossero stati trascritti al momento reale del verificarsi. I due uomini e i due spiriti vengono indagati e spiegati con estrema cura attraverso i lunghi colloqui che Joseph Ratzingere Jorge Bergogliohanno prima nei giardini di Castel Gandolfo – discussioni acri, lontananza assoluta nella visione della Chiesa moderna, aspri rimproveri del Papa verso il cardinale argentino – e in seguito nelle stanze dell’Oltretevere, dove hanno modo di conoscersi meglio e di apprezzare le rispettive qualità, fino a quelli pressocché conclusivi nella meraviglia della Cappella Sistina, dove come per miracolo e magia ambientale la mano divina si allunga, oltre la creazione di Adamo, fino a toccare i loro cuori e portarli al cambiamento e al compromesso. Pur se tanto parlato e ovviamente con pochissimi movimenti, il film non annoia in alcun frangente e si rivela interessantissimo e perfino, a tratti, divertente per merito della personalità vivace, spontanea e simpatica del futuro Papa. A questo proposito va precisato che il regista in verità va anche oltre la reale simpatia di Bergoglio, il quale, a leggere le testimonianze di quei tempi, durante il periodo che seguì alla tremenda e feroce dittatura di Videla era sempre cupo e poco sorridente sotto il peso delle responsabilità che avvertiva, conscio di aver per nulla contrastato il regime omicida del generale. Un fardello che lo accompagnerà a lungo. In ogni caso il lavoro della regia e dello sceneggiatore è stato pregevolissimo, sia per l’attenzione ai particolari raccontati sia per la cura rivolta al linguaggio e ai dialoghi. Non ci si annoia mai, anzi. L’unico difetto che credo si possa rilevare è un commento musicale che forse non è sempre appropriato.

 

Anthony Hopkins, Jonathan Pryce

I Due Papi (2019): Anthony Hopkins, Jonathan Pryce

 

Una volta assodati i meriti della regia e della sceneggiatura un capoverso va necessariamente e doverosamente dedicato alla bravura e alla incredibile mimesi dei due attori gallesi Jonathan Pryce ed Anthony Hopkins: sono così identici nella fisionomia e negli atteggiamenti dei personaggi (gestualità, sguardi, posture) che in molti attimi mi è capitato di seguire le scene come se fossero i veri uomini e non i due interpreti. Veramente sbalorditivi, se si aggiunge poi che non è stato utilizzato alcun trucco per arrivare a questo risultato straordinario. Oltre a ciò è anche opportuno rilevare la grande prestazione dei due attori, splendidamente realistici e credibili, bravissimi a far risaltare le due anime così differenti e le due vedute così distanti sul presente e sul futuro della Chiesa: l’uno austero, dogmatico e conservatore (sembra la fotografia del classico tedesco), l’altro alla mano, sempre umile, pronto con la battuta, appassionato tifoso di calcio, pronto ad aprire la dottrina verso i più bisognosi e i più peccatori, i gay, i divorziati, popolo che per lui va assolutamente recuperato, come insegnato nelle Scritture. E dire che si erano incontrati a Roma per due motivi ben diversi. L’argentino – ormai in dissidio con le scelte di gestione su vari argomenti da parte del Vaticano - preme per essere sollevato dai suoi compiti cardinalizi per dedicare la vita ai più bisognosi, il tedesco invece ha intenzione di confidare il suo sconcertante segreto: anticipargli la decisione delle sue dimissioni imminenti. Ognuno insomma incontra l’altro per motivi propri e per giunta opposti. I due Papi, si intitola, ma in realtà l’attenzione del regista, quasi inconsciamente, si rivolge maggiormente verso il futuro Francesco, sia per i vari flashbacks che lo riguardano – scene molto spesso allegoriche di sofferenza e indecisione, “tormento ed estasi” verrebbe da dire con citazione michelangiolesca in riferimento alla Cappella Sistina – sia per il risalto dato alla sua elezione avvenuta il 13 marzo 2013. Il pensiero non può non andare al profetico Habemus Papam di Nanni Moretti, tanto da sembrarne la logica continuazione.

 

Jonathan Pryce, Anthony Hopkins

I Due Papi (2019): Jonathan Pryce, Anthony Hopkins

 

 

Un film che inaspettatamente commuove nell’ultima mezz’ora, (de)merito un po’ della accorta regia e un po’ della figura umana, vicina, molto spirituale ma mai trascendentale, sicuramente ieratica pur se nella sua semplicità di un uomo che salendo al Soglio Pontificio si è fatto chiamare semplicemente Francesco. Vederlo assurgere al più altro scranno erede di san Pietro con il suo viso quasi impaurito dall’enorme incarico ricevuto eppure accettato con spirito di ubbidienza non può non colpire l’emotività. Merito anche di uno straordinario Jonathan Pryce che (melodia della versione originale) che si esprime in inglese latino spagnolo e italiano, duellando finemente in queste lingue con il grande Sir Anthony Hopkins.

 

 

 

 

 

La candidatura, ad oggi, di entrambi gli attori ai Golden Globe Awards e agli Oscar (il primo come protagonista, l’altro non) è un premio meritato alla loro convincente prestazione.

 

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