Regia di Cory Finley vedi scheda film
Ormai abbiamo imparato a diffidare di chiunque, anche di chi vanta una presentazione impeccabile, disponendo di una risposta tempestiva per ogni evenienza, di modi affabili che mettono a proprio agio e di una memoria che conserva tutto quanto potrebbe tornare utile.
In quanto rassicuranti, proprio gli individui rientranti in questa categoria sono potenzialmente i più pericolosi qualora scelgano di approfittare delle loro capacità per raggirare il sistema. Di mungere il bene comune a proprio piacimento, senza rendersi minimamente conto del danno provocato, incapaci di mollare l’osso nemmeno quando l’evidenza suggerirebbe di fare l’esatto opposto.
Esattamente come accade in Bad education che, ripercorrendo una vicenda accaduta quasi vent’anni fa, pone in risalto la decadenza della responsabilità morale, ancora più grave in virtù dell’ambiente che descrive con mano ferma e una progressione instancabile, ossia quello scolastico.
Long Island, 2002. Frank Tassone (Hugh Jackman), il sovrintendente delle scuole pubbliche di Roslyn, ha un’immagine immacolata ed è stimato da tutti per la dedizione con cui svolge il suo incarico da tanti anni.
L’idillio che gli ha permesso di conseguire risultati brillanti viene intaccato di punto in bianco quando scopre per puro caso che la sua collega Pam Gluckin (Allison Janney) ha sottratto indebitamente circa 200mila dollari dal bilancio scolastico.
Mentre una ragazza del primo anno riesce a entrare facilmente in possesso di dati sensibili e compromettenti, Frank e i suoi collaboratori decidono di insabbiare quanto combinato da Pam, senza pensare che il problema è assai più esteso pur essendone toccati in prima persona.
Basato su una storia vera, Bad education analizza e riproduce il più grande scandalo avvenuto all’interno della scuola pubblica americana, che vide 11 milioni di dollari sottratti dal bilancio pubblico con disarmante e sfacciata disinvoltura.
Riversa i fatti sullo schermo partendo da una situazione invidiabile, con un apparato educativo di prim’ordine che fornisce i migliori strumenti e indica agli studenti la strada per formarsi adeguatamente e agguantare il successo, per poi inserire una crepa che dà il via a un travolgente effetto valanga, con gli argini che cedono uno per volta, inesorabilmente.
L’esposizione risulta particolarmente performante per un timbro cronachistico che ha parecchio materiale da scandagliare e declamare, per la brillantezza con cui scatta dai blocchi tra i tanti crocevia che sfodera, per l’agilità che gli consente di sparigliare le carte in tavola e per la descrizione dei personaggi chiave, così sicuri di se stessi eppure fragili, talmente convinti di operare nel giusto da non ravvedersi, protagonisti di una gestione sciagurata che non intravede una caduta rovinosa, neanche quando sono ormai in vista del capolinea.
Tutto ciò è reso ancora più lampante dagli interpreti, con Hugh Jackman e Allison Janney sugli scudi, encomiabili per come definiscono sfumature agli antipodi, passando dalle stelle alle stalle, dai sorrisi sgargianti alla condanna dell’oblio.
Per quanto scritto, Bad education ha un rendiconto sostanzialmente positivo. Racconta una vicenda spregevole con imperterrita decisione ma, prima di tutto, è un esempio plastico di come una coscienza pulita non sia più indispensabile per dormire sonni tranquilli, il ritratto di un circolo vizioso che sperpera e dilapida patologicamente il denaro pubblico, tra storture e sprechi, una negligenza diffusa e manipolazioni che hanno disintegrato ogni forma di fiducia nei confronti delle istituzioni.
Lucido e amaro.
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