Regia di Craig Zobel vedi scheda film
12 sconosciuti si risvegliano in mezzo a un campo, mentre qualcuno da lontano spara su di loro. Comincia una fuga disperata e sanguinaria per la vita.
Subito le note positive: il ritmo è eccezionale, la tenuta narrativa pure, al di là di numerose trovate a effetto che rendono la trama banalotta in certi punti o addirittura grossolana (il negozio dell’Arkansas, per es.); i poco meno di cento minuti di durata di The hunt volano via rapidissimi e il senso di soddisfazione che si prova nel vedersi compiere la vendetta della protagonista testimonia l’inequivocabile bontà della scrittura dei personaggi. Sempre rimanendo su questo punto è interessante notare come in un mare di buoni e cattivi piuttosto drasticamente definiti, la figura di Don rimanga fino all’ultimo enigmatica, ma in fin dei conti l’enigma – il vero che appare falso e viceversa – è la base della scrittura del copione a opera di Nick Cuse e Damon Lindelof. Nulla è come sembra, e dopo un po’ la formulina si logora: che i rifugiati in fuga siano i cattivi e i soldati, se non buoni, quantomeno siano elementi neutrali in quanto veri soldati, presto pare chiaro allo spettatore anche meno attento e in effetti verso la metà del film i trucchetti psicologici si esauriscono; questo difetto viene però colmato da un’abbondanza di action, sequenze sanguinolente (spesso superflue), battutine sardoniche (sempre superflue) e più in generale di baracconate hollywoodiane già straviste. Pazienza perché il fine – intrattenere con un congegno solido e non del tutto frivolo – vale i mezzi utilizzati e, a ogni buon conto, la visione è piacevole anche grazie a un cast azzeccato che vede in prima linea Betty Gilpin, Ethan Suplee, Sturgill Simpson, Ike Barinholtz, Wayne Duvall e, nella parte finale, Hilary Swank. Dubbia l’utilità del maialino, simbolo orwelliano che sembra più un espediente utilizzato per darsi un vago tono letterario che qualcosa di effettivamente utile nella storia. 4,5/10.
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