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The Hunt

Regia di Craig Zobel vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su The Hunt

di ilcausticocinefilo
4 stelle

 

The Hunt dovrebbe offrire ennesima riprova (della quale, a quanto sembra, qualcuno aveva ancora necessità) di come sia sostanzialmente pretestuoso e sciocco parlare di un’opera prima della sua effettiva realizzazione o distribuzione. Difatti, a posteriori tutta la polemica sorta intorno alla produzione del film risulta se possibile ancora più irritante e grottesca. Soprattutto in considerazione del fatto che, come risulterà evidente, nascondendosi furbamente dietro la patina della neutralità, ovvero del voler attaccare “un po’ qua e un po’ là”, tutti e nessuno, il film rivela invece le sue carte e la sua vera cifra.

 

Lindelof e Cuse (e relativi finanziatori) fingono, sin dalle loro dichiarazioni, di aver voluto imbastire una satira delle “profonde divisioni all’interno del paese” senza “parteggiare per nessuno”, senza “prendere nettamente posizione”, quando in effetti sin dalla scelta delle “parti in campo” chiariscono piuttosto bene le proprie simpatie (e, nel caso ciò sia involontario, non c’è che una cosa da dire: peggio ancora).

Meglio non accanirsi troppo, poi, sull’assurdità insita nell’assunto di partenza, pur disatteso, di voler criticare le divisioni politiche indifferenziatamente in modo da “mettere tutti assieme”, "avvicinare" le persone, come se l’orizzonte massimo di una democrazia dovesse essere quello di un’assoluta e perfetta uniformità, in sostanza di un totalitarismo a tutto tondo...

 

 

Betty Gilpin

The Hunt (2020): Betty Gilpin

 

 

Consideriamo però unicamente la questione delle “simpatie” del duo di autori. Premettendo subito che, di per sé, in linea teorica, non v’è nulla di male nel scegliere da che parte schierarsi, anzi. Il problema sorge, ovviamente, visti i presupposti e i risultati specifici. Che, per l’appunto, in questo caso risultano molto, ma molto discutibili, come si diceva, sin dalla scelta degli schieramenti.

Perché ci troviamo di fronte, da una parte a una ridicola “cricca di elitisti straricchi radical chic liberal con la puzza sotto al naso” e dall’altra a un affatto compatta “compagine di poverelli cittadini americani comuni”, portatori di armi, negazionisti del cambiamento climatico, teorici del complotto, “trophy hunters” ecc. certo, ma pur sempre persone normali che non fanno altro che contrastare lo strapotere di questi terribili radical chic liberali che invece governano il mondo (o, perlomeno, gli Stati Uniti). Lo faranno "a modo loro", lo faranno sbagliando, ma stanno pur sempre contrastando un potere oligarchico che li scaccia e li rovina (dopotutto, cosa dovrebbe mai fare di più, tale potere, di tentare di ammazzarli per dimostrarglielo?).

 

Se già solo questa rapida carrellata non vi ha fatto sollevare un sopracciglio allora The Hunt è probabilmente il film che fa per voi. Il solo fatto che gli autori considerino rappresentativa di qualsivoglia “sinistra”, o di qualsiasi "parte" avversa ai retrogradi o presunti tali, questa gang di “liberal straricchi e mica poco ipocriti” dovrebbe far sganasciare dalle risate qualunque persona dotata di buonsenso. Si tratta di una caratterizzazione talmente assurda che nemmeno i Looney Tunes.

Si suggerisce neanche troppo velatamente che tutti i ricconi ipocriti siano liberal o, quantomeno, che lo siano quelli che tengono davvero le redini, quelli che tengono “in scacco” l’America. E se magari in un primo momento ci si può ancora illudere che il tutto sia costruito apposta per ridicolizzare chi ci crede, basta osservare più da vicino.

 

 

Justin Hartley, Emma Roberts

The Hunt (2020): Justin Hartley, Emma Roberts

 

 

E notare come il vasto campionario umano della controparte (le vittime) in certi casi non sia neanche spiegato perché sia stato scelto, mentre in altri, per quanto possa sembrare parodico, invece risulti assolutamente credibile: i fanatici anti-immigrazione, i trophy hunters, i negazionisti climatici, i portatori di armi, i veterani… tutta gente effettivamente esistente, non poi così minoritaria e con una certa influenza nella società (specialmente all'epoca di Trump).

In sostanza, per farla breve, stiamo parlando di un gruppo effettivamente esistente di persone (le vittime) che lotta contro un altro gruppo puramente concettuale (i carnefici) al quale viene però conferita “consistenza” cinematografica. Si dona “plasticità” filmica ad una risibile fissazione dell’estrema destra americana, come ad esempio - ma giusto per fare un esempio, beninteso - quella “trumpiana” (una fissazione che è un po’ l’equivalente della litania italica riguardante Soros & Co.). Inevitabile che a trionfare siano le vittime. Non solo in quanto appunto vittime, ma anche in quanto unica compagine “reale”, o meglio con un corrispettivo reale, al di fuori della finzione cinematografica.

 

MINI-SPOILER: E, forse proprio in virtù di questo, unica capace di produrre perlomeno una persona sveglia, mentre gli snob ultra-ricchi liberal fanno tutti e supremamente la figura dei cretini facilmente eliminabili, ancor di più considerata la loro innegabile posizione di vantaggio. A salvarsi, in parte, è solo l’“eminenza grigia” Athena Stone (eviterò le facili ironie sul nome…), ma per la verità neanche molto soprattutto dal momento che si concede a monologhi idioti di fronte a carotine tutte, si capisce, accuratamente tagliuzzate e si lancia felice in scazzottate tipo girl fight che fanno precipitare in maniera definitiva il tenore del film. FINE MINI-SPOILER

 

 

Betty Gilpin

The Hunt (2020): Betty Gilpin

 

 

Ma, per tornare al discorso, la vera risma dell’opera diviene infine di accecante chiarezza al sopraggiungere dell’altro grande monologo imbastito dai geniali sceneggiatori: ovvero quello incentrato sulla narrazione di una versione ridicolmente violenta della celebre favola di Esopo sulla lepre e la tartaruga. Ecco che lì ogni residua ambiguità viene a cadere, ogni neutralità pure, e il film finisce per parteggiare eccome.

Ancora una volta: non si sta cercando di dire che questo risulti essere di per sé un male in genere, ma nel caso specifico lo è. Sia, extra-diegeticamente, per l’ipocrisia dei suoi autori, sia, diegeticamente, per le implicazioni particolari.  MINI-SPOILER: A trionfare, in definitiva, è dunque il prototipo dell’americano “modello”: bianco, patriottico, bravo con le armi, insofferente verso i supposti “sinistroidi” sui quali prevale inevitabilmente in quanto a perspicacia, individualista (e che si tratti di una donna in questa prospettiva non fa la ben che minima differenza). FINE MINI-SPOILER  Una “satira” piuttosto curiosa, visti i tempi che corrono.

 

In ogni caso, anche a prescindere da quanto detto sin qui, è anche solo da un punto di vista puramente cinematografico e narrativo che il film lascia molto a desiderare.

Innanzitutto, occorre almeno mezz’ora prima che la narrazione abbia la benevolenza di concentrarsi su un personaggio. Prima è tutto un continuo, e vacuo, caos di morti ammazzati e mutilamenti di personaggi a noi del tutto sconosciuti, e di conseguenza è pressoché bandito qualunque coinvolgimento. Ecco che, poi, finalmente, dalla scena alla stazione di servizio in avanti arriva la Gilpin ad assumere il ruolo della protagonista, ma le assurdità non si esauriscono di certo.

SPOILER:

Erano già ben presenti sin dall’inizio (per esempio nel caso delle trappole a “scoppio ritardato”), ma man mano si fanno sempre più insensate: tra treni dalle puntualità sospette (ovvero transitanti proprio quando più necessari ai personaggi) e carneficine inevitabili (vista la cronica incapacità di difendersi da parte dei “cacciatori”, ben equipaggiati eppure d’un tratto indifesi e innocui). Sino a raggiungere l’apice negli ultimi venti minuti, e non solo a causa dell’estenuante combattimento finale, ma già da prima considerando il percorso che a quel combattimento conduce (in pratica, scopriamo, l’architetto di tutto il grande piano ha deciso di starsene comodamente in disparte, rinunciando al “divertimento”, a quanto pare dotata di preveggenza visto che sapeva di potersi attendere la visita della sua bionda arci-nemesi alla fine [bionda arci-nemesi che naturalmente in nessun caso sarebbe potuta finir ammazzata ben prima di raggiungerla…]).

FINE SPOILER

 

 

Hilary Swank

The Hunt (2020): Hilary Swank

 

 

Meglio stendere semplicemente un velo pietoso, infine, sulle pleonastiche e ridicole citazioni orwelliane.

Che Lindelof avesse dei fortissimi limiti lo si era ben capito sin dai tempi di Lost (e della sua infima conclusione) e risulta pertanto inutile infierire oltre. Poco da aggiungere sul resto: la regia di Zobel è anonima, la fotografia piatta, la recitazione in generale deludente (a salvarsi, in buona parte, è solo la protagonista Betty Gilpin).

Risulterebbe stupido e ingiusto dire che sarebbe stato preferibile che The Hunt non avesse mai visto la luce degli schermi, dato che ignominie di ben più basso livello hanno ottenuto il medesimo onore, ma di certo è più che corretto, con formula solo lievemente inflazionata, dire: “tanto rumore per nulla”. Astenersi, in particolare, lettori entusiasti de La fattoria degli animali.

 

 

Betty Gilpin

The Hunt (2020): Betty Gilpin

 "Che cretina! Ma guarda che l'ho letto anch'io Animal Farm!"

 

 

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